«Mi raccomando siate puntuali, che quelli hanno bisogno di soldi, che il loro contabile è finito in galera e quello che farebbero a me, il lo farò a voi...». Con affermazioni di questo tenore, Mario Parrottino, 54 anni, arrestato dai carabinieri della Compagnia di Sellia Marina per usura e tentata usura aggravate dalla modalità mafiosa, avrebbe minacciato le sue vittime – una coppia di coniugi, che si era rivolta a lui in un momento di difficoltà economica legata alla pandemia – per ottenere un prestito.
“Quelli” erano soggetti appartenenti alla criminalità organizzata: è quanto emerge dalle pagine dell’ordinanza, firmata dal gip Sara Merlini, che ha portato in carcere l’indagato. Nella stessa inchiesta, però, sono coinvolti anche i familiari dello stesso Parrottino, indagati in concorso per lesioni aggravate, per aver pestato una delle vittime, percuotendola con schiaffi, pugni e con un pezzo di legno e provocandogli una distorsione della caviglia e la rottura del setto nasale.
Per due anni, la coppia sarebbe stata stritolata dalle richieste di denaro da parte di Parrottino, che sarebbe arrivato a chiedere loro interessi fino al 300% delle somme prestate. Richieste aggravate da minacce nelle quali l’indagato avrebbe fatto ripetuti riferimenti a soggetti legati alla criminalità organizzata: in un’occasione avrebbe menzionato un certo “Topolino” di Marcedusa e altri soggetti di Botricello, vicini alla cosca di Cutro, in un’altra occasione, invece, avrebbe detto alle sue vittime che il denaro in prestito proveniva da persone riconducibili alla cosca di Nicolino Grande Aracri, detto “manu e gumma”. In altre circostanze, Parrottino li avrebbe minacciati con frasi come, «non lo dire mai più, io non sono il tipo che ammazza. Io ti curo con sale crudo a tutti e due. Ve lo dico! In quanto, quando perdo le staffe, non sono più io», o ancora: «Oggi mi devi dare i 6.500 euro, altrimenti finisce male».
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