Vibo, alluvione 3 luglio 2006. La rabbia di chi ha vissuto la tragedia: "Siamo stati lasciati soli"
Si chiude con “Tutti assolti” il processo sull’alluvione del 3 luglio 2006. Nessuno è responsabile, nessuno ha sbagliato, nonostante ci siano stati morti e feriti e nonostante le cicatrici di quel tragico evento siano ancora aperte sul territorio. Territori devastati e che ancora, a distanza di quasi 20 anni, stentano a rivedere la luce. Centinaia di famiglie che hanno perso tutto, ricevendo poco o nulla anche in termini di sostegni economici. «All’epoca – osserva la signora Isabella Profiti residente a Longobardi – ero consigliera di circoscrizione e in quanto rappresentante istituzionale ho presentato un esposto in Procura, mi sono anche costituita parte civile, ma non sono mai stata ascoltata. La mia famiglia ha perso tutto: casa, mobili, ricordi di una vita, e a fronte di tutto ciò abbiamo ricevuto un risarcimento irrisorio di poche migliaia di euro. Ad oggi – conclude – nulla è cambiato. I fossi che scendono dalla collina non sono stati mai puliti e ogni volta che piove ci allaghiamo». Stesso copione a Bivona, in via delle Calabrie, dove nel 2006 l’acqua piovana ha raggiunto l’altezza di oltre un metro. «È stato un incubo – raccontano Maria Massaria, Katia Epifanio e Caterina Cutrullà –. Siamo vive per miracolo! Ma da allora nulla è cambiato. Siamo noi residenti, autotassandoci, a provvedere alla pulizia dei tombini e degli argini delle strade». Indignato pure Francesco La Grotteria: «Abbiamo trovato le grate di raccolta delle acque – osserva – piene di sabbia e completamente otturate. Ho perso magazzini, l'officina, un furgoncino. Nulla è cambiato in 17 anni».