3 luglio 2006 - 3 luglio 2023. Un ponte di 17 anni da quel tragico lunedì, in cui la natura decide di mettere a nudo tutta la sua fragilità. Era apparentemente una mattinata tranquilla, la gente aveva iniziato la propria giornata, svolgendo le attività di sempre. Chi a casa, chi a fare la spesa, chi al lavoro. Poi verso le 10 il diluvio. Una bomba d’acqua si abbatte sulla città.
Si parla di un volume di pioggia dieci volte superiore alla norma (200 millimetri d’acqua in 5 ore), che stravolge completamente il volto delle frazioni marine. I torrenti che dalla collina scendono verso il mare tracimano, rompono gli argini e divorano strade, piazze, abitazioni, auto. In poche ore si scatena l’inferno. Le vetture lungo la Statale 18 tentano di proseguire la corsa disperata verso il litorale ma, all’altezza dell’ex hotel “S. Leonardo”, per qualcuno la corsa si fermerà per sempre. A perdere la vita sono due guardie giurate, Nicola De Pascale ed Ulisse Gaglioti, e un bimbo di 16 mesi. Disperato il tentativo di Bruno Virdò, anch’egli incanalato sul tratto di strada che porta a Longobardi, di salvare la vita al piccolo. Il giovane rimane ferito e si salva per miracolo, mentre il corpicino di Salvatore Gaglioti viene inghiottito dalla furia del nubifragio e trasportato fino a Longobardi, in via Cimitero, dove sarà ritrovato più tardi. Per altri residenti la fortuna è la caduta di un albero di acacia nei pressi di località Madonnella. Il tronco, infatti, evita l’irreparabile e li blocca.
Dopo la furia sull’abitato di Longobardi, San Pietro, Bivona, Vibo Marina e Portosalvo cala il silenzio. I telefoni non trasmettono più, l’acqua sale di livello ed entra nelle case, molti muri di contenimento vengono squarciati. La gente che può si ripara ai piani alti, grida, chiede aiuto. Ma i soccorsi arriveranno molto più tardi. Infatti, quando la macchina organizzativa della Protezione civile si mette in moto, i cittadini sono già per strada a spalare fango e ad accatastare mobili, oggetti, ricordi di una vita, distrutti dall’alluvione. Gli sfollati, la cui abitazione è dichiarata inagibile, vengono ospitati negli hotel della zona, dove vi rimarranno per circa sei mesi. Poi comincia la passerella della politica, le promesse, il rimpallo di responsabilità, gli interventi iniziati e mai finiti, i piani di messa in sicurezza del territorio rimasti solo sulla carta. Ad un primo bilancio si contano danni per oltre 200 milioni, 90 feriti e 306 evacuati.
Il "Piano Versace" resta solo sulla carta
A distanza di 17 anni c’è davvero poco da tirare bilanci, considerato che si è ancora lontani dalla messa in sicurezza delle zone interessate, dichiarate a rischio R4. In queste aree, infatti, non è più possibile piantare neppure un chiodo. A conti fatti molte sono le opere iniziate e non ancora finite. Il cosiddetto “Piano Versace” resta al momento solo sulla carta.
Ad oggi, qualche intervento è stato realizzato solo a valle, mentre in collina nessuna opera di messa in sicurezza è stata attuata. In questo tratto, le cui competenze si intrecciano tra Comune, Provincia e altri Enti, le opere di difesa del suolo non sono mai partite. I letti dei torrenti e dei numerosi affluenti, che si diramano dal costone fino al mare, sono ostruiti da alberi, sterpaglia, canneti e quant’altro. In realtà ci sono tre grosse falde che scivolano verso il mare. E così il pericolo incombe anche perché, accanto agli interventi di ingegneria idraulica più complessi, ma necessari, in base al piano Versace, «occorrono interventi puntuali e costanti di pulizia» e risagomatura degli alvei, con «rimozione di rifiuti e detriti, specie in prossimità di ponti e viadotti». Eppure, nonostante il balletto di somme arrivate, spese, perse e recuperate, o in quello dei decreti e delle ordinanze di Protezione civile, resta il fatto che la cifra movimentata, è rilevante se si considera che supera – e non di poco – i 40 milioni di euro. Il tutto per avere un risultato a metà. Infatti, se si dovesse ri-verificare oggi quanto accaduto 17 anni fa, limiterebbe solo in parte i danni, ma soprattutto non sarebbe in grado di garantire l’incolumità delle persone.
Ferite non ancora rimarginate
Si è, dunque, fatto veramente poco rispetto alla drammatica esperienza vissuta il 3 luglio 2006. In pratica lungo l’asse Longobardi-Vibo Marina-Bivona-Portosalvo, nonostante il trascorrere degli anni le ferite non sono ancora rimarginate e non riguardano soltanto il completamento dei lavori di messa in sicurezza, bensì anche la delocalizzazione delle imprese rimasta sulla carta, mentre le famiglie che quel 3 di luglio del 2006 rimasero soltanto con i vestiti che indossavano, altre case hanno dovuto cercarsele da sé, mentre tanti altri imprenditori colpiti dall’evento o hanno chiuso o hanno ripreso l’attività potendo contare soprattutto sulle loro forze.
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