È un passaggio simbolico ma, specie se si considera che è riferito a una circostanza di molti anni fa, è certamente emblematico del “peso” che in certi ambienti al di fuori della provincia di Vibo hanno alcune figure ritenute ai vertici del clan Mancuso. A raccontarlo, involontariamente, ai pm della Dda di Catanzaro che hanno indagato sul presunto controllo della cosca su alcune strutture turistiche della costa vibonese, è uno dei principali indagati di “Imperium”, Assunto Megna, definito «l’uomo dei due mondi» e accusato di essere il «punto di riferimento dei vertici apicali della cosca sul comprensorio di Nicotera Marina, inizialmente sotto le direttive di Mancuso Giuseppe cl. ’49, detto “Peppe Mbroglia” ed in seguito sotto le direttive di Mancuso Luigi».
Megna, intercettato dagli inquirenti, racconta a Diego Mancuso (indagato) un particolare che riguarda proprio suo fratello Giuseppe, “Peppe ‘Mbrogghia”. Quest’ultimo non è indagato, è tornato in libertà a novembre del 2021 dopo aver scontato la sua pena (oltre 20 anni di carcere duro) ed è nipote – ma più anziano – di Luigi, con il quale per qualche anno avrebbe avuto dei contrasti, poi sanati, e rispetto al quale è stato sempre ritenuto, per usare un eufemismo, meno “pacifista”. La conversazione tra Megna e Diego Mancuso è recente – risale ad ottobre del 2022 – e i due a un certo punto evocano «le proprie vecchie amicizie criminali – si legge nelle carte dell’inchiesta – facendo riferimento a legami e/o amicizie con personaggi che rivestono, o che hanno rivestito nel passato, un peso criminale di tutto rispetto». Allora Megna racconta di quando, da giovane, si recava al cospetto del boss di Isola Capo Rizzuto Carmine Arena, ucciso nell’ottobre del 2004 in un eclatante attentato a colpi di bazooka, spiegando che «solamente grazie al carisma del fratello Mancuso Giuseppe, alias ‘Mbrogghia, verso il quale il boss locale nutriva profondo rispetto, riusciva a completare forniture di pesce nei villaggi turistici». Il rispetto e la stima che Arena avrebbe nutrito nei confronti di “‘Mbrogghia” erano «talmente forti che questi conservava una sua foto sul comodino».
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