Arriva dall'allevatore reggino Pino Melissari, che si fa portavoce di un nutrito gruppo di imprenditori del settore, un monito affinché chi di competenza si focalizzi sulla situazione creatasi dopo la diffusione della cosiddetta “peste suina africana”, che ha portato la regione Calabria, e di conseguenza gli altri organismi preposti, a emanare un’ordinanza di istituzione “zona rossa” in tante aree del comprensorio. La peste suina africana è una malattia virale dei suini e cinghiali selvatici che causa mortalità negli animali infettati. Il virus che la provoca è innocuo per l'uomo, ma va contenuta con atti che, appunto, riescano ad evitare che si espanda troppo oltre i focolai già noti. Melissari, a nome anche dei colleghi, in totale una ventina di aziende, fa presente però la condizione di difficoltà economica in cui tutti loro versano dal 5 maggio. «Le aziende zootecniche a vocazione suinicola – spiega – sono bloccate nella movimentazione e ciò ha comportato uno sforzo finanziario non indifferente poiché è necessario mantenere gli animali e garantire loro esigenze di benessere senza potere però ottenere alcun ricavo. Dopo circa 40 giorni dall’ordinanza – aggiunge – si era aperto uno spiraglio con la procedura di macellazione, ma a causa anche di una percezione di paura riguardo tale virus non si riesce a vendere, né tantomeno è andata in porto la possibilità di portare il bestiame a macellare fuori provincia poiché l’opportunità (era una strada che abbiamo tentato di percorrere) ci è stata negata». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria