Le “mire” sui lavori di bonifica a Crotone. Progetto fallito per timori di un’inchiesta di Gratteri
Il «timore» dell’esistenza di un'indagine della Procura antimafia di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri contribuì a fermare le mire della presunta «consorteria», formata da imprenditori e politici, che voleva lucrare sui lavori della bonifica del Sito di interesse nazionale di Crotone. Lo hanno accertato i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Catanzaro nell'informativa del 26 giugno 2020 che è confluita tra le carte dell'inchiesta "Glicine-Acheronte" della Dda. Si tratta dell'operazione che lo scorso 27 giugno, con 43 misure cautelari eseguite dai militari del Ros, ha disarticolato la cosca Megna di Papanice oltre che smantellare il comitato d'affari che per anni avrebbe influenzato le istituzioni pubbliche per fini elettorali. Dall'attività investigativa condotta dal Noe è venuto fuori l’ipotizzato «business» per spendere, in prima battuta, i 70 milioni di euro che la società Eni Rewind (subentrata a Syndial nella titolarità delle ex zone industriali di Crotone) versò allo Stato a titolo di risarcimento per il danno ambientale arrecato alla città, in seguito alla sentenza di condanna emessa nel 2012 dal Tribunale di Miliano. A rivelare i dettagli dell’ipotetica spartizione di incarichi e appalti è stato un ex stretto collaboratore di Antonella Rizzo, già assessora regionale all'Ambiente. Alla quale, in una conversazione intercettata il 31 maggio 2019, aveva spiegato da un lato «com'era stato organizzato il progetto di bonifica delle aree ricadenti nel Sin» e dall’altro quali erano state la ragioni dello stop agli affari. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria