Il diritto alla salute chiama. Anche da quella via sperduta nel centro cittadino. Nascosta, alla vista dei più. Non è lo Jazzolino, non è il nuovo ospedale. Ma è sanità, per nulla... bellezza. Perché quando hai patologie croniche, rare o devi assumere particolari medicine che puoi avere solo attraverso un Piano terapeutico e attraverso la Farmacia territoriale, beh, ecco che le porte dell’Inferno si spalancano. Accade in Calabria, accade a Vibo. Dove chi pensava che l’Inferno fosse essere ammalati, si è dovuto ricredere. No, le fiamme bruciano nel dolore di un’utenza che, nonostante tutto, lotta, ci prova ad andare avanti. Li chiamano resilienti. Ma non tutti sanno che, a volte, la battaglia quotidiana non è quella contro la malattia, ma quella contro la burocrazia e le procedure. Contro il sistema che stritola, che mette alla prova. Accade questo in via Protettì. Uno scantinato che neanche i... peggiori bar di Caracas. Prima c’era qualche sedia, ora hanno tolto anche quelle. C’è tanta sporcizia, però. E in quel luogo si ritrova chi ha problemi di salute. Chi di buon’ora si presenta con il suo foglietto in mano e rivolge alla sempre numerosa “platea” la domanda di rito: “Chi è l’ultimo?”. Eh sì, la domanda. Perché se anche c’è un display con il numero fermo a qualche lustro fa, non esiste un’eliminacode. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro