Tarda ad arrivare la tanto attesa riqualificazione del quartiere Pennello e del suo lungomare. Dopo la demolizione (avvenuta a febbraio) del chiosco Azzurro e la passerella di politici che annunciavano il ripristino della legalità, in un’area scempiata dalle costruzioni selvagge, tutti si sarebbero aspettati una presa di posizione generale, se è vero com’è vero che la giustizia non deve avere due pesi e due misure. Invece, resta transennato il lungomare, collassatosi ormai da anni, così come è incompleto il restyling di piazza Capannina e del terzo lotto di opere pubbliche che sarebbero dovute seguire alla realizzazione dei marciapiedi e del tratto di lungomare finale. Una grossa fetta di litorale, parallela a via Arenile, è completamente impraticabile. I marosi la hanno sbriciolata come un biscotto, così come hanno fagocitato cortili, strade, gradini di abitazioni, persino la barriera in lamiera che era stata, in illo tempore, realizzata dall’Agip a protezione delle sue condotte (oramai dismesse). Per mettere ordine sul terreno “minato” – dove sorge il compendio Pennello – forse bisognerebbe avere il coraggio di effettuare altre demolizioni, oppure cercare una via per sanare definitivamente tutte le costruzioni edificate abusivamente, a partire dal dopoguerra. E in questo “blocco” forse sarebbe potuto rientrare anche il chiosco “Azzurro”, esistente sin dagli anni cinquanta e fornito di regolare licenza commerciale. In realtà la demolizione del manufatto, di proprietà del signor Giuseppe Francolino, ha riaperto il capitolo “abusivismo edilizio”, perché, a questo punto, sarebbe, forse, il caso di fare una disamina sugli errori del passato e su quelli del presente. Il compendio sorge su 150.550 metri quadrati di terreno pubblico acquistati nel 2012 (Giunta D’Agostino), al prezzo di un milione e 200 mila euro, dal Comune, con la compartecipazione dei cittadini. L’obiettivo sarebbe dovuto essere quello mettere mano al piano di recupero in primis censendo l’area e provvedendo successivamente alla regolarizzazione delle costruzioni. Al momento, invece, su circa 300 aspiranti, solo una trentina hanno presentato la domanda di condono, in base alla legge 47/85, per ottenere il permesso a costruire in sanatoria. E intanto l’erosione – nel tratto in cui la barriera soffolta è inesistente – continua a risucchiare tratti di arenile. Ma per la gente del posto, non solo l’aspetto sicurezza che va preso in considerazione, è anche una questione di estetica. Infatti, il lungomare del rione Pennello sembra bombardato. Da quando il passaggio è stato bloccato, il tempo sembra essersi cristallizzato. Ma la sindaca, Maria Limardo, era stata chiara in campagna elettorale: «Il Pennello non può essere considerato come una patata bollente da cui disfarsi, ma costituisce un’occasione di rilancio per la città». Ipse dixit. Il quartiere Pennello è ancora lì, in attesa di una... rinascita. Nel video, le interviste ai residenti e il racconto di Bruno Pileggi, l'imprenditore dello storico lido la Capannina