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Catanzaro, la famiglia Corasoniti distrutta dello scoppio della batteria di un pc

La perizia sul rogo che il 21 ottobre uccise i fratelli Saverio, Aldo Pio e Mattia

Il tragico incendio avvenuto durante la notte tra il 21 e il 22 ottobre 2022 nel quartiere Pistoia di Catanzaro all’interno di un appartamento al quinto piano che provocò la morte di tre fratelli non è da attribuire al fattore umano ma ad una causa elettrica, al «possibile innesco legato al surriscaldamento e all’esplosione di batterie al litio interne a cellulari o a laptop». E’ questa la conclusione a cui è giunto il consulente tecnico nominato dalla Procura di Catanzaro, il professore Daniele Menniti. Nell’incendio in una palazzina dell’Aterp, morirono i fratelli Saverio, di 22 anni, affetto da autismo, Aldo Pio di 16 e Mattia di 12, riportarono gravi ustioni la mamma Rita Mazzei (42) con la figlia Zaira Maria (11), e vennero ricoverati a causa delle esalazioni da fumo il padre Vitaliano Corasoniti (43) e un altro figlio, Antonello (15). Secondo il perito «non si sono rilevati elementi da far supporre l’uso di combustibili impropriamente introdotti nell’appartamento e utilizzati per dare luogo a fiamme libere in ambito non controllato».

Secondo il rapporto, l’incendio ha avuto inizio nel soggiorno. Il fuoco ha preso vigore nel momento in cui sono stati aperti balconi e finestre permettendo l’entrata e il circolo di una maggiore quantità di aria «causando la morte dei tre fratelli dovuta alle difficoltà di questi ad intravedere e raggiungere possibili vie di fuga e alla tossicità e quantità dei fumi stessi inalati». Nella relazione di Menniti, fatta con la collaborazione dell’ingegnere Giovanni Brusco, si specifica che generalmente l'uso di batterie al litio è sicuro ma, in alcune circostanze, a causa «di possibili difetti costruttivi, contaminazioni, urti o di un loro improprio utilizzo, possono generare situazioni di pericolo». Dalle testimonianze dei sopravvissuti è emerso che nel soggiorno «vi erano tutte le notti sotto carica ben cinque cellulari e due tablet e, soprattutto, ben sei laptop». Nella relazione si afferma «con ragionevole certezza» che «l'incendio è da ricondursi a un fenomeno elettrico combinato con dispositivi di accumulo elettrochimico al litio a supporto di apparecchiature elettroniche sotto carica la notte dell’incendio e non da un fattore umano».

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