Rischiano di impantanarsi seriamente le istanze di condono edilizio (ex legge 47/1985), finalizzate ad ottenere la sanatoria di immobili edificati in assenza o in una situazione di difformità “al titolo abitativo”. In soldoni, le case abusive. È un parere che ha lasciato più di qualche amministratore di Palazzo “Luigi Razza” senza parole quello rilasciato dall’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino meridionale che, dopo una serie di articolate osservazioni, puntualizza che, sostanzialmente, dovrà essere quell’ufficio a dichiarare possibile l’eventuale sanatoria, con riferimento alle zone a rischio idrogeologico che, verosimilmente, sono quelle dell’area del Pennello di Vibo Marina.
Confermando le indiscrezioni pubblicate settimane addietro dalla Gazzetta del Sud, l’Autorità di Bacino chiarisce che «è compito di codesto ufficio valutare se gli interventi in progetto rientrano nella casistica» che ne consentirebbe la sanatoria. Qualora, invece, tali procedure non rientrassero nelle casistiche indicate, «considerato che questa autorità deve esprimere, non una valutazione di conformità delle opere, trattandosi di un vincolo non esistente al momento della loro realizzazione, bensì un parere di compatibilità dell’intervento edilizio abusivo, si richiede lo studio di compatibilità idraulica di dettaglio, nel rispetto di tutte le disposizioni del Piano stralcio territorialmente competente». E questo «al fine di determinare gli effettivi livelli di pericolosità e/o rischio della zona d’interesse e la compatibilità degli interventi da realizzare con la normativa a corredo della pianificazione di bacino vigente».
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