«Un gruppo criminale organizzato, pericolosissimo, forte di numerosi componenti, gerarchicamente ordinato, disposto ad usare la violenza terrorizzante e collegato ad altre organizzazioni mafiose che ne accrescono il potere». Ecco come la Corte d’appello di Catanzaro descrive la cosca Mannolo-Zoffreo-Trapasso-Falcone di San Leonardo di Cutro. E lo fa nelle motivazioni della sentenza con la quale, il 9 ottobre scorso, ha inflitto 18 condanne nei confronti di altrettanti imputati coinvolti nel processo di secondo grado di rito ordinario scaturito dalle inchieste unificate Malapianta-Infectio coordinate dalla Dda di Catanzaro. Si tratta delle operazioni messe a segno da Guardia di finanza di Crotone (Malapianta) e Polizia di Stato (Infectio), tra maggio e dicembre 2019, sull’asse San Leonardo di Cutro-Umbria contro le vessazioni che i “sanleonardesi” avrebbero perpetrato ai danni dei villaggi turistici della costa ionica crotonese, e il loro presunto radicamento a Perugia. Il clan, scrive il collegio presieduto da Giancarlo Bianchi, ha esercitato un «controllo assoluto e capillare» del «territorio di competenza», ossia San Leonardo di Cutro e le aree limitrofe, attraverso «lo sfruttamento parassitario e violento di ogni risorsa e iniziativa economica» e, contestualmente, imponendo una «condizione di intimidazione e di omertà delle parti offese e della società civile». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria