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Indagine “Glicine-Acheronte”, la Cassazione “smonta” le accuse alla compagna del boss

Depositate le motivazioni con cui la Suprema Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza nei confronti della crotonese Santa Pace

«Il ruolo apicale di Santa Pace all'interno dell'associazione deve essere recisamente escluso». E poi: non è emerso «un quadro di sistematico asservimento della donna all'attività e agli scopi dell'associazione criminale». Ecco spiegato perché la Cassazione, lo scorso 20 dicembre, ha annullato con rinvio l'ordinanza del Tribunale della libertà di Catanzaro che, l'11 luglio 2023, confermò la misura cautelare in carcere per la 59enne compagna di Mico Megna, il boss di Papanice (frazione di Crotone), nell'ambito dell'inchiesta "Glicine-Acheronte" della Dda di Catanzaro che oggi vede sotto accusa 129 persone.
Le indagini, venute alla luce sette mesi fa con 43 misure cautelari eseguite dai carabinieri, da un lato disarticolarono il clan Megna che s'era riorganizzato dopo la scarcerazione - nel 2014 - del capobastone, dall’altro smantellarono il presunto comitato d'affari che avrebbe utilizzato le istituzioni pubbliche per fini elettorali. E in questo contesto, la Procura antimafia contestata a Pace un ruolo organizzativo direttivo tra i “papaniciari”. Come? Fungendo da «anello di collegamento» tra il boss (anche durante la sua detenzione) e gli altri appartenenti al locale di 'ndrangheta, i quali sarebbero stati soliti ricevere informazioni e indicazioni da Megna tramite la donna. Invece, la Suprema Corte ha disposto un nuovo giudizio cautelare davanti al Riesame affinché motivi meglio l'addebito mosso alla donna di «partecipazione» alla cosca, «al di là delle sporadiche ed ambivalenti condotte» tenute dalla stessa.

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