C’è una conversazione che il gip valuta «di particolare peso» tra le carte dell’inchiesta della Procura di Vibo Valentia sul presunto inquinamento ambientale provocato dal compost – secondo gli inquirenti veri e propri rifiuti in alcuni casi molto nocivi – che usciva dall’impianto “Eco Call” di Vazzano. Ortenzia Guarascio, titolare dello stabilimento per cui è stato disposto l’obbligo di dimora nel luogo di residenza, riferisce a Rosario Fruci (tecnico dell’azienda indagato) di aver ricevuto una telefonata dal sindaco di un paese dell’entroterra vibonese e da un suo compaesano che è titolare di un’azienda agricola. La storia di quest’ultimo è davvero emblematica: è di quelle che spesso vengono raccontate con giusta enfasi perché in controtendenza rispetto all’incessante esodo di giovani che emigrano da Sud a Nord. Il titolare dell’azienda è proprio uno di questi, anzi lo è stato perché a un certo punto ha lasciato la “ricca” Lombardia per tornare nella sua Calabria a lavorare la terra e i suoi frutti. Quando però ha ricevuto e utilizzato per i suoi terreni l’ammendante proveniente da Vazzano – il compost veniva ceduto ai Comuni conferitori di rifiuti organici e, per loro tramite, a numerose aziende agricole – e i carabinieri forestali hanno effettuato un controllo, i proprietari delle campagne che aveva in comodato d’uso gliele volevano togliere proprio «a causa della scarsa qualità del prodotto steso». Una storia emblematica che genera «angoscia» nella stessa titolare dell’impianto – Ortenzia Guarascio manifesta la volontà di aiutare il giovane e ipotizza che i carabinieri abbiano «sbagliato metodo» nell’eseguire i controlli – ma che non è l’unica tra quelle raccolte dagli inquirenti guidati dal procuratore di Vibo Camillo Falvo. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro