Narcotraffico tra Sud America, Albania e Vibonese, le preoccupazioni di Ascone: “Distruggete tutto! Qui arriva l’esercito”
«Mi spaccano!! Non tenete niente, distruggiamo tutto là, andate e distruggete tutto là, qui arriva l’esercito!!». Era evidentemente adirato e parecchio allarmato Salvatore Ascone dopo aver scoperto che il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso aveva indicato proprio lui come fornitore di alcune partite di cocaina per cui lo stesso pentito aveva fatto da intermediario. Il 57enne di Limbadi, già detenuto e sotto processo con l’accusa di concorso nell’omicidio di Maria Chindamo, è tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare emessa ieri nell’ambito dell’inchiesta contro il narcotraffico scaturita da “Maestrale Carthago”. La Dda lo ritiene essere tra i promotori e finanziatori di una specifica articolazione dell’organizzazione che si occupava della fornitura dello stupefacente, vantando canali autonomi di approvvigionamento e rifornendo stabilmente il sodalizio di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, avvalendosi per tale attività dell’intermediazione di Emanuele Mancuso, Rocco Ascone e Laurentiu Gheorghe Nicolae. Giuseppe Navarra avrebbe invece intrattenuto i rapporti con i fornitori albanesi e insieme al fratello Valerio avrebbe ceduto 32 kg di marijuana a Salvatore Ascone, ricevendone da quest’ultimo, in restituzione, 20 kg da destinare alla successiva vendita, con Emanuele Mancuso a fare da intermediario. E proprio al pentito, dopo aver letto un articolo di giornale che riportava le sue dichiarazioni, Ascone rivolgeva le sue imprecazioni: «Mo’… mo’ qua mi fanno l’arresto! (…) Chissà cosa c’è ancora dietro!! Chissà cosa c’è! Questo cornuto!! Ma quello l’ha detto che ancora sta parlando... mo’ sta parlando!! Questo figlio di p… dopo che l’ho reso ricco! Ne ho problemi io nella vita... (impreca...) … non esco più!! Non devo uscire più!! La cocaina io gli ho dato, l’eroina gliel’ha data un altro?». Quindi, rivolgendosi al suo collaboratore Nicolae, chiedeva, secondo la Dda, «di occuparsi della gestione dei traffici di droga e dei figli», qualora lo avessero arrestato: «Oh Leo mio, non fosse mai, facendo corna, inc. non li abbandonare perché qua non so come va a finire, io!». Infine dava ulteriori disposizioni «di distruggere – ricostruiscono i pm – lo stupefacente a distanza di chilometri dalle loro proprietà» al fine di non fare ricondurre a loro eventuali tracce: «Distruggi quella cosa! Qui arriva l’esercito! Anche a chilometri me la buttano a me (ndr, addebitano a me) non volete capire!!». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro