«Dal materiale probatorio emerge senza dubbio una condotta torbida dell’imputato che ha mostrato di ricercare rapporti con esponenti della criminalità organizzata, sebbene adottasse elaborate cautele per nascondere quei legami che avrebbero messo a repentaglio l’immagine di uomo delle istituzioni». E’ quanto scrivono i giudici del Tribunale di Vibo Valentia nella sentenza del maxiprocesso Rinascita Scott (depositata stamane) sull'ex consigliere regionale del Pd, Pietro Giamborino, assolto dall’accusa di associazione mafiosa e condannato ad un anno e 6 mesi per traffico di influenze illecite a fronte di una richiesta di condanna a 20 anni formulata dalla Dda. Per il Tribunale «Pietro Giamborino fa parte di quella zona grigia in cui i clan strizzano l’occhio alla politica e ne pretendono i favori dopo averla assecondata. Giamborino ha certamente fatto parte del vecchio locale di 'ndrangheta di Piscopio, ma non può dirsi altrettanto per l’adesione al nuovo clan fondato nel 2009». Da qui l’assoluzione, pur emergendo «allarmanti commistioni di Giamborino con ambienti criminali, ma ciò non è sufficiente per provare il contributo che Giamborino avrebbe offerto all’associazione mafiosa». Per i giudici sono provati in ogni caso i rapporti di Giamborino con i boss Luigi e Pantaleone Mancuso, Cecè Mammoliti, Pino Galati e pure con un giornalista di Vibo «per ottenere informazioni sul contenuto delle dichiarazioni rese dai collaboratori Moscato e Mantella».
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