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Vibo, incarichi a familiari al Sistema bibliotecario vibonese: due dirigenti ai domiciliari. Altri tre indagati. Sequestrati oltre 230 mila euro NOMI

Due persone sono state arrestate e poste ai domiciliari per peculato e altre tre sono indagate per lo stesso reato e beni per 230mila euro sono stati sequestrati dal Nucleo di Polizia economico - finanziaria della Guardia di Finanza di Vibo Valentia, insieme alla Sezione di pg della Guardia di finanza della Procura e alla Polizia locale nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentia. Ai domiciliari sono finiti l'ex direttore del Sistema bibliotecario vibonese, Gilberto Floriani (nella foto in basso), e una dipendente del settore Cultura del Comune, Valentina Amaddeo. Fra gli indagati Giuseppe, Emilio e Gabriele Floriani, figli dell'ex direttore.

Dalle indagini sarebbe emerso che due dirigenti del Sistema bibliotecario vibonese, un servizio pubblico locale finanziato dalla Regione Calabria, si sarebbero appropriati, nel tempo, di ingenti somme di denaro - pari all’importo sequestrato - destinandole, tra l’altro, a propri congiunti tramite conferimento diretto di incarichi in palese conflitto di interesse, eludendo le disposizioni in materia di accesso al pubblico impiego. In particolare, dagli accertamenti, secondo l’accusa, è emerso che, per lo svolgimento delle attività connesse alla realizzazione dei progetti a cui ha preso parte, l’ente si è avvalso, negli anni, oltre che del personale regolarmente assunto, anche di altri soggetti con contratti di lavoro autonomo conferiti attraverso lettere di incarico prive di ogni riferimento circa la tipologia di selezione utilizzata e nelle quali non si dava atto di aver reso pubblica la ricerca di personale in quello specifico settore.

La pluralità di incarichi dal medesimo contenuto, «reiteratamente conferiti a familiari delle persone colpite da misura cautelare evidenzia, peraltro - rilevano gli investigatori - la sussistenza di esigenze non temporanee ed eccezionali, ma ordinarie e perduranti, rispetto alle quali l’amministrazione avrebbe dovuto trovare idonee soluzioni in termini di programmazione dei fabbisogni di personale, nonché di aggiornamento e formazione dei profili professionali interni». Dall’analisi della documentazione amministrativa è anche emerso che l’ente, nel corso degli anni, ha approvato bilanci senza sottoporli al vaglio di un apposito revisore dei conti, figura mai nominata. I bilanci, inoltre, secondo l’accusa, sono risultati essere «manipolati» con lo scopo di dare false informative economico-finanziarie, attraverso una rappresentazione fuorviante della situazione reale. Una gestione illecita, sostiene l’accusa, che ha portato al dissesto dell’ente che nel periodo oggetto di indagine ha maturato una situazione debitoria quantificata in circa 700.000 euro.

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