Un ex imprenditore divenuto testimone di giustizia, un pentito storico della ’ndrangheta vibonese e un magistrato. Tre percorsi di vita assolutamente diversi eppure nella sentenza del maxi processo Rinascita Scott si evidenzia un sottile filo rosso che legherebbe Luigi Guglielmo Farris, Gerardo D'Urzo e Marco Petrini. Nelle motivazioni della sentenza del maxi processo si legge di un «parallelismo tra i percorsi collaborativi, iniziati e poi interrotti, da D’Urzo, Farris e Petrini». Tutti e tre, scrive il collegio giudicante, «hanno in un primo momento reso dichiarazioni a carico, tra gli altri, di Giancarlo Pittelli, interrompendo, poi, bruscamente la propria attività di collaborazione con la giustizia».
Petrini ex presidente di sezione della Corte d'Appello di Catanzaro è uno dei testimoni per i quali il Tribunale di Vibo ha chiesto la trasmissione degli atti in Procura. Il magistrato nel gennaio 2020 è stato arrestato su ordine della Procura di Salerno per corruzione in atti giudiziari. Pochi giorni dopo decise di iniziare un percorso di collaborazione con i pm campani. Nei suoi primi verbali descrisse l'esistenza di una loggia coperta di cui avrebbero fatto parte insospettabili professionisti tra cui l'avvocato Pittelli. Quei verbali però vennero disconosciuti settimane dopo dallo stesso Petrini. I pm della Dda di Catanzaro hanno comunque chiesto e ottenuto di sentire il magistrato durante il maxi processo Rinascita Scott proprio sul tema della “massoneria coperta”. L'8 novembre del 2022 si è quindi seduto sul banco dei testimoni dell'aula bunker di Lamezia. Un interrogatorio caratterizzato da tanti “non ricordo”, troppi secondo i giudici che hanno ritenuto di trasmettere gli atti per valutare ipotesi di falsa testimonianza.
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