Si è spento all’età di quasi 89 anni (li avrebbe compiuti ad agosto) Ferdinando (per tutti Nando) Portaro, calzolaio originario di Acquaro, nel vibonese, ospite della Rsa di Soriano Calabro. Il suo nome, più o meno intenzionalmente, e, più o meno volontariamente, è balzato diverse volte e per le più svariate ragioni ai (dis) onori delle cronache, con rispetto parlando. Ultima, in ordine cronologico, una richiesta d’aiuto. Nonostante una figlia che risiede nel reggino, infatti, Portaro viveva da solo e, essendo giunto in una fase della vita in cui non poteva farcela a gestirsi, aveva fatto appello a qualcuno di buona volontà che andasse a vivere con lui. La richiesta era semplicemente quella di poter scambiare due chiacchiere in compagnia, che si gli desse un aiuto nelle faccende domestiche e che gli si offrisse sostegno in tutte le incombenze quotidiane, che non riusciva più a gestire, perché l’età non gli consentiva di essere in perfetta forma. In cambio offriva vitto e alloggio e, alla dipartita, tutto ciò che possedeva. Forse non era tanto. Forse si. Il rammarico sta nel fatto che, sebbene siano state numerose le risposte all’accorato appello, nessuna soddisfaceva le sue esigenze.
Tornando alle cronache, poco prima si è parlato di lui poiché, intuendo questa situazione, aveva persino tentato di farsi del male, aggiungendo del veleno al cibo che consumava. Non gli è mancata nemmeno una rapina in casa, in cui è stato immobilizzato e gli sono stati portati via gran parte dei risparmi economici, che non teneva negli istituti di credito perché non se ne fidava. Ne hanno parlato tutti gli organi di informazione locale. Ma, l’evento su cui più i media si sono concentrati è stato, sul finire degli anni ’60, l’omicidio della moglie, di cui si è autoaccusato. Ingiustamente e incomprensibilmente secondo quanto, in maniera universale, ritiene l’opinione pubblica. Forse hanno inciso le notizie “ufficiali” su questo evento. Forse non si è impegnato a cercarla a dovere per spiegarle le proprie ragioni. Ma è questo il motivo per cui si sono rotti definitivamente i rapporti con la figlia. Nel frattempo ha vissuto anni di carcere, manicomio e solitudine e, infine, di casa di riposo. In un colloquio di qualche anno fa ci ha detto quali siano stati i più duri ma, per riservatezza, tralasciamo. I funerali si svolgeranno domenica 2 giugno mattina nella chiesa parrocchiale di Acquaro, dove la salma giungerà direttamente. A dare la triste notizia l’amministratore di sostegno nominato dal tribunale, l’avvocato Debora Campennì, che lo ha assistito amorevolmente. Assieme “all’affetto degli operatori della Rsa di Soriano”, diretti dalla caposala Rosita Romanò. Lo compiangono i “parenti tutti”. La speranza è che il luogo che la divina provvidenza gli ha assegnato gli dia la serenità e la giustizia che la vita non gli hanno concesso.
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