Indagine sul porto di Badolato, inammissibile il ricorso avverso la revoca della confisca dei beni della famiglia Saraco
Con la sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione in data 30 maggio 2024 è stata messa la parola fine all’intricata e contorta vicenda giudiziaria iniziata nel 2016 allorquando Antonio Saraco, imprenditore edile, viene coinvolto nel processo penale scaturito da un’indagine sul porto di Badolato. Per tale ragione venne disposto il sequestro di tutti i beni immobili, dei conti correnti, personali e delle società, riconducibili allo stesso Saraco e all’intero suo nucleo familiare. Tale provvedimento di sequestro si trasformò in confisca, per come fu disposto dal Tribunale di Catanzaro nel corso del giudizio penale. Parallelamente, sempre sugli stessi beni, interveniva un nuovo e diverso sequestro che fu disposto dal Tribunale Misure di Prevenzione. Anche tale sequestro fu poi commutato in confisca, una volta che intervenne la decisione finale da parte del giudice della prevenzione. Quindi i beni erano sottoposti ad un doppio vincolo, uno in sede penale e l’altro in sede prevenzionale. La difesa dei Saraco, nelle due diverse sedi giudiziarie, aveva, fin dall’inizio, sempre invocato l’espletamento di una perizia finalizzata ad accertare l’infondatezza della contestazione di illegittimità della provenienza dei beni in discussione, senza però trovare accoglimento. Da qui le impugnazioni dei due decreti di confisca che sortirono effetti diversi. La confisca pronunciata nel giudizio penale, confermata dalla Corte di Appello, fu invece annullata dalla Corte di Cassazione. Da qui un nuovo giudizio in appello che si è concluso, dopo che fu disposta perizia, con l’annullamento e la revoca della confisca, essendo risultata del tutto legittima l’intera possidenza immobiliare ed economica riconducibile alla famiglia Saraco (di cui fanno parte un avvocato civilista ed un commercialista, tra l’altro titolari di importanti redditi autonomi). Avverso tale decreto di annullamento aveva interposto ricorso in Cassazione il Sostituto Procuratore Generale della Corte di Appello di Catanzaro, sostenendo l’esistenza di vizi di legittimità del decreto di revoca della confisca. Da qui l’udienza celebratasi in Cassazione in data 30 maggio, conclusasi con una sentenza di inammissibilità del ricorso del Procuratore Generale di Catanzaro. Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione aveva concluso per il rigetto del ricorso, mente i difensori delle parti (Avv. Francesco Gambardella ed Avv.Raffaella Tolotta) avevano chiesto, espressamente, che fosse dichiarata l’inammissibilità. Stessa sorte, e cioè sentenza di inammissibilità, aveva avuto l’altro ricorso che, sempre il PG di Catanzaro aveva interposto avverso il decreto con cui la Corte di Appello aveva revocato la confisca disposta dal Tribunale Misure di Prevenzione sui beni in discussione. Il giudizio di prevenzione aveva, addirittura, avuto una biforcazione in quanto, pur essendo stata disposta la confisca, era stato revocato il sequestro per inutile del decorso del tempo massimo entro cui pronunciare un decreto definitivo. Da qui un nuovo decreto di sequestro che, però, fu annullato anche perché furono ravvisati profili di abnormità. Quindi, ormai definitivamente ed irreversibilmente, è stata riconosciuto, addirittura con triplice controllo ed in due diverse sedi giudiziarie, come tutte le possidenze della famiglia Saraco sono legittime. In tutti i gradi di giudizio e nelle due diverse sedi giudiziarie (penale e di prevenzione) Antonio Saraco è stato difeso dall’Avv. Francesco Gambardella, mentre i suoi familiari, terzi interessati, sono stati difesi dall’Avv. Raffaella Tolotta, dall’Avv. Giuseppe Della Monica e dall’Avv. Sergio Scicchitano.