
«Un carcere così si allontana di molto dagli standard di legalità sanciti sia dalla nostra Carta costituzionale che dalle fonti internazionali». È il garante dei detenuti del Comune di Catanzaro Luciano Giacobbe a sintetizzare in questo modo la situazione del carcere di Siano. Carenze strutturali, di uomini e mezzi emergono nella relazione che ieri ha presentato al Consiglio comunale. I numeri restituiscono l’immagine dell’emergenza, nei primi tre mesi del 2024 si sono registrata del penitenziario cittadino 562 eventi critici, tra questi 14 tentativi di suicidio, 34 atti di autolesionismo, 5 manifestazioni di protesta e 4 aggressioni fisiche a personale della polizia penitenziaria.
Personale. Nel carcere di Catanzaro mancano rispetto alla pianta organica prevista ben 94 agenti di polizia penitenziaria. Una carenza che, secondo il Garante, «genera una serie di effetti a catena che recano danno all’intero sistema, oltre a causare problemi di sicurezza». Mancano i funzionari giurdico-pedagogici, si registra una carenza di 6 in meno (su 10 previsti). Questo ha conseguenze negative sia sotto il profilo trattamentale e della osservazione scientifica della personalità (essendo a rischio la stessa presa in carico del detenuto), sia per quello che riguarda l’accesso alle misure alternative (rallentandosi i tempi di elaborazione/trasmissione delle relazioni di sintesi ai Tribunali di Sorveglianza). C’è un solo mediatore culturale nonostante l’elevata percentuale di detenuti stranieri. «Occorre garantire - scrive Giacobbe - la presenza stabile di tali figure con un aumento di personale ed implementare la conoscenza delle etnie più diffuse da parte degli stessi (si considerino, ad esempio, le difficoltà che incontrano l’Area sanitaria al momento della visita di primo ingresso dei detenuti extracomunitari)».
La struttura. La relazione del garante descrive un istituto penitenziario «vetusto, locali con infiltrazioni, privi di manutenzione costante e freddo d’inverno». Diverse sezioni non sono state ancora ristrutturate e alcune celle risultano prive di docce o sono ricoperte da muffe e infiltrazioni. In non tutte le celle sono garantiti i tre metri quadrati calpestabili per detenuto. Gli ambienti destinati ai colloqui sarebbero «privi di decoro; il sistema fognario o di smaltimento dei rifiuti insufficiente». Infiltrazioni d’acqua piovana si sarebbero verificate anche in alcune camere di pernottamento e nella zona docce del Sai (Servizio di Assistenza Intensiva). E poi «il wc è composto da una turca posizionata ad angolo e a vista e un lavabo d’acciaio; sono corredate di un mobiletto e uno sgabello ancorato a terra così come il letto. I materassi sono in pessime condizioni e per lo più privi di materiale lettereccio».

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