Il mare utilizzato come una discarica in cui disfarsi di sostanze che sarebbero dovute passare da un impianto di depurazione prima di essere riversate nelle acque del mar Ionio e che invece sarebbero state smaltite in maniera non regolare, in un sistema in cui sarebbero stati falsificati i formulari e in cui non si sarebbe risposto a un servizio pagato dai Comuni e mai eseguito dalla società di gestione. Chi ne era responsabile sta affrontando un processo in cui vengono ufficialmente ammesse come parti civili i Comuni di Montepaone, Montauro, Soverato e Gasperina che entrano come soggetti attivi nel processo scaturito dall’operazione Scirocco in cui sono coinvolti 28 persone. Il pm della Dda Paolo Sirleo ha rinnovato in aula la richiesta di rinvio a giudizio per tutti. L’operazione aveva fatto luce su una gestione poco trasparente del sistema di depurazione, trascinando nel vortice delle polemiche oltre al Comune di Montepaone, titolare dell’impianto di depurazione consortile, anche quelli che dallo stesso impianto erano serviti. Tutti estranei a quanto stava accadendo, che non è sfuggito ai carabinieri forestali di Davoli che avevano fatto partire dal Basso Ionio le indagini, poi allargate agli altri territori in cui erano presenti gli impianti gestiti dalla stessa ditta che aveva l’incarico di manutenere quello montepaonese. Questo il cuore dell’origine della maxi indagine in materia ambientale coordinata dalla Dda di Catanzaro ed eseguita dai carabinieri del comando tutela ambientale e sicurezza energetica e del Comando per la tutela forestale e dei parchi, che ha interessato tutte e cinque le province calabresi e ha portato all’esecuzione di 18 misure cautelari, di cui 4 in carcere, 13 ai domiciliari e un obbligo di dimora nel mese scorso di marzo. Ieri la seconda udienza davanti al gup, chiamato a decidere sulle richieste di costituzione di parte civile di Ministero, Regione, Comuni e associazioni e a esprimersi sulle eccezioni sollevate dagli imputati nella scorsa udienza, riguardo la legittimazione degli enti di entrare a far parte del processo e sulla regolarità degli atti di costituzione. «Tutte ammesse le costituzioni di parte civile», conferma l’avvocato Domenico Calabretta che difende gli interessi dei quattro Comuni del Basso Ionio, con gli enti pubblici che potranno far valere i propri diritti per i danni derivati dalle condotte contestate. «Sono state sollevate decine di varie eccezioni per opporsi alla richiesta di costituzione di parte civile dei Comuni da me rappresentati - spiega l’avvocato Domenico Calabretta - accogliendo le motivazioni addotte per tutelare l’immagine dei Comuni, per difendere il diritto alla salute pubblica, per promuovere il rispetto dell’ambiente e per tutelare l’interesse delle attività commerciali e degli operatori turistici. I Comuni, come gli altri enti territoriali, sono stati ritenuti legittimati ad agire in giudizio per ottenere i danni, qualora gli imputati dovessero essere condannati per i reati contestati». A rimanere esclusa da tale possibilità è Legambiente, l’associazione ambientalista che si era schierata a fianco degli enti pubblici in maniera simbolica, ma anche i Comuni di Petrizzi e Stalettì.