Condanne definitive. Si è concluso così il processo a carico dei mandanti dell’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso avvenuto il 9 agosto del 2016. La Corte di Cassazione si è infatti espressa sulla sentenza di secondo grado relativa ai mandanti dell'omicidio del noto penalista, rigettando i ricorsi presentati dai legali di Luciano Scalise, Pino Scalise, Vincenzo Maria Domenico e Andrea Scalzo, e accogliendo parzialmente quello di Angelo Rotella. Questo significa che le condanne, sancite lo scorso giugno dalla Corte d’Assise di Appello di Catanzaro, per i primi quattro divengono definitive. In particolare, viene confermato l’ergastolo per Luciano Scalise, 23 anni e 10 mesi di reclusione per Pino Scalise, 6 anni e 8 mesi per Domenico e 7 anni per Scalzo. Sulla posizione di Rotella la Suprema Corte ha annullato parzialmente la sentenza di condanna (otto anni e quattro mesi) rinviando gli atti ai giudici di secondo grado di Catanzaro. I due Scalise, secondo l’accusa, sono i mandanti dell’efferato delitto, inserito nella «faida tra la cosca Scalise e la famiglia Mezzatesta». Pagliuso avrebbe avuto la “colpa” di essere «riuscito ad ottenere un importante risultato difensivo» nell'ambito del processo per il duplice omicidio di Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo «evitando l'ergastolo ai suoi assistiti» Giovanni e Domenico Mezzatesta. Luciano Scalise avrebbe deciso di punire la vittima per aver «salvato dall'ergastolo i Mezzatesta, responsabili del duplice efferato omicidio». Però secondo la Corte d’Assise d’Appello non avrebbe potuto decidere da solo un delitto così eclatante: «Quindi potrebbe anche prospettarsi altrettanto plausibilmente che Luciano Scalise abbia chiesto l'avallo della sola cosca Iannazzo per l'omicidio dell'avvocato Pagliuso piuttosto che non quello del padre».