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L’ombra dei clan anche sulle Regionali: come si raccoglievano i voti nell'hinterland catanzarese

Il boss della Montagna Mario Gigliotti svela di essere stato pagato da un ex consigliere Nelle chat degli indagati spunta il fac simile della scheda elettorale di un altro candidato

Soldi in contanti o atti intimidatori, che sia la corsa al Consiglio regionale o al civico consesso di un piccolo paesino dell’entroterra, la presenza dei clan nella campagna elettorale è una cappa pesante da eliminare. Lo raccontano gli atti dell’inchiesta Karpanthos che ha già portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Cerva. Ora si aggiungono le dichiarazioni dei due boss della Montagna catanzarese Mario Gigliotti e Vincenzo Antonio Iervasi. I loro verbali sono stati depositati nell’ultima udienza del processo insieme alla relazione del perito sul materiale sequestrato nei telefonini di alcuni degli indagati. Ne emerge un quadro inquietante che riguarda non solo i ristretti confini della Presila catanzarese. È lo stesso Gigliotti, referente per le cosche della Presila su Catanzaro, a raccontare dei suoi rapporti con un ex consigliere regionale: «Mi ha pagato 2.500 euro per prendere i voti tra Cropani, Petronà e Botricello e mi ha pagato pure la cena. Gli ho raccolto un centinaio di voti. Mi ha chiesto di raccogliere i voti e mi ha detto non ti preoccupare che ti faccio un bel regalo, poi mi ha dato 2500 euro. Poi è venuto anche a mangiare a Petronà». A dare un primo, seppur assai parziale, riscontro alle dichiarazioni di Mario Gigliotti ci sono le conversazioni estrapolate dagli inquirenti dal telefonino che gli è stato sequestrato. In effetti settimane prima del voto per le elezioni regionali del 2021 l'aspirante consigliere aveva mandato al boss della Montagna un messaggio per informarlo della sua candidatura. La risposta di Gigliotti per gli inquirenti assume importanza investigativa: «Buongiorno sono sempre al tuo fianco». Ricevuta rassicurazioni sul sostegno richiesto il candidato ha inviato un altro messaggio per ringraziare Gigliotti. Inoltre nella relazione depositata agli atti si sottolinea che lo stesso candidato aveva dichiarato di «aver ottenuto un record di consensi nella Presila catanzarese».

L'inchiesta

La Dda di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio per 71 indagati coinvolti nell’inchiesta Karpanthos che ha ricostruito le infiltrazioni delle cosche nelle istituzioni e nell’economia della Presila catanzarese. L’operazione Karpanthos è scattata il 22 settembre scorso con l’esecuzione di un’ordinanza cautelare nei confronti di 52 soggetti eseguita dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro. Gli inquirenti hanno colpito i sodalizi criminali di Cerva e Petronà, legati ai clan di Mesoraca e Cutro, con ramificazioni in altre regioni italiane: Liguria, Piemonte e Lombardia. Gravitanti nell’orbita delle cosche crotonesi, i Carpino, coinvolti negli anni Duemila in una sanguinosa faida, hanno costituito un gruppo criminale autonomo, che ha imposto il proprio predominio con il narcotraffico, le estorsioni, la detenzione e il porto illegale di armi e i danneggiamenti. L’attività investigativa ha fatto emergere lo scambio elettorale politico-mafioso e l’influenza del gruppo criminale di Cerva sull’amministrazione comunale, nelle elezioni del 2017. Nell'operazione è stato arrestato anche il primo cittadino di Cerva Fabrizio Rizzuti con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso (la Cassazione ha annullato con rinvio la misura cautelare). Secondo gli inquirenti, in cambio dei voti, i candidati (che poi avrebbero vinto le elezioni) gli avrebbero promesso una somma in denaro e una percentuale sugli appalti.

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