"Oggi è una giornata di mobilitazione promossa dai Garanti territoriali delle persone private della libertà personale - scrive Luciano Giacobbe, Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale - Per questo la Conferenza nazionale dei Garanti territoriali ha indetto una quarta giornata d’iniziative di denuncia e sensibilizzazione. Il sistema carcerario per i Garanti è al centro di un acceso dibattito politico e sociale, purtroppo la politica non dà risposte concrete. Sono trascorsi ormai quattro mesi dall’appello “Sui suicidi in carcere servono interventi urgenti” con cui il Presidente della Repubblica invitava la classe politica del nostro Paese ad adottare, con urgenza, misure immediate per allentare il clima di tensione che si respira nelle carceri italiani, causato principalmente dal sovraffollamento, dalla carenza di personale e dall’inefficienza dell’assistenza sanitaria intramuraria e dalle Circolari del DAP sul trattamento penitenziario. Il Decreto-Legge sul carcere, del 4 luglio 2024, per la Conferenza nazionale dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale è una vera e propria scatola vuota, non in grado di porre un argine immediato alle drammatiche condizioni in cui versano gli Istituti di pena italiani. Preoccupante è l’indice di sovraffollamento che, ad oggi, è arrivato ad essere pari al 130%. Ci sono 7.027 persone detenute che devono scontare meno di un anno di carcere. Dati allarmanti, conseguenti anche a scelte di politica penale che, in un’ottica puramente repressiva e securitaria, hanno portato all’introduzione di nuove fattispecie di reato, all’innalzamento della durata di pene detentive per alcune fattispecie di reato, all’inasprimento dell’applicazione di misure cautelari, anche per reati di lieve entità".
Il Garante comunale di Catanzaro evidenzia che siamo in piena emergenza umanitaria, sia sulle problematiche carcerarie degli adulti sia sul tema della giustizia minorile. Nell’inerzia delle Istituzioni, si sta allungando l’elenco delle persone detenute che, da gennaio 2024 ad oggi, si sono tolte la vita: al momento in cui si sta scrivendo, sono 57 le persone suicide di cui uno all’interno del Cpr di Ponte Galeria, a cui è doveroso aggiungere il numero dei 6 agenti di polizia penitenziaria che, nello stesso arco di tempo, pure hanno deciso di togliersi la vita. Altrettanto preoccupante è l’aumento dei casi di autolesionismo e il dilagare di fenomeni di violenza e di tortura che si consumano nelle carceri italiani, come testimoniato anche dalle recenti indagini giudiziarie riguardanti i fatti consumati nel carcere di Reggio Emilia o, ancor più drammaticamente, l’inchiesta sulle violenze in danno di minori, reclusi presso l’Istituto Penale Minorile Beccaria di Milano. Così come allarmanti sono i casi di proteste, anche violente, che, in conseguenza delle condizioni di detenzione che ledono la dignità umana, si stanno registrando in diversi Istituti Italiani, come la protesta scoppiata a Viterbo il 10 luglio scorso, dopo che un detenuto è stato trovato privo di vita nella sua cella o come quanto accaduto l’11 luglio u.s. nell’Istituto di Trieste, come protesta per la mancata previsione di rimedi per contenere le temperature eccessivamente alte di questo periodo, in un ambiente detentivo caratterizzato da prolungato sovraffollamento.
Luoghi comuni, etichette e stereotipi impediscono di vedere la reale dimensione del fenomeno. Non si tratta tanto o solo di comprendere le diverse cause che generano i suicidi in carcere (sovraffollamento, carenze di organici, fragilità psicologica, strutture fatiscenti), ma di accettare che sono soprattutto le fasce più deboli ad essere sopraffatte e “schiacciate”. Lo dicono i numeri: il 64% delle persone che si sono tolte la vita negli ultimi due anni aveva commesso reati contro il patrimonio; il 60% dei suicidi si è verificato nei primi sei mesi di detenzione; il 40 % di suicidi si è consumato oltre i primi sei mesi, con una percentuale elevata nell’ultimo periodo di detenzione e l’interessamento di molti detenuti senza fissa dimora. Il circuito più interessato dai suicidi è, non a caso, quello di “media sicurezza”. Le persone con patologie psichiatriche che si sono tolte la vita sono meno del 10%. È evidente dunque che i suicidi e gli atti di autolesionismo in carcere coinvolgono persone vulnerabili, detenuti che hanno commesso reati di bassa o media gravità, alla prima esperienza di detenzione, ovvero in procinto di essere dimessi, ma senza reti familiari o sociali che possano favorirne il reinserimento. Numeri e fatti impressionanti, che richiedono, nell’immediato, l’adozione di soluzioni che rendano le carceri luoghi davvero rispettosi della dignità umana e vivibili, sia per chi vi è recluso sia per chi ci lavora.
La situazione, pertanto, richiede un’azione rapida e precisa da parte del legislatore e del Governo e per questo la Conferenza dei Garanti chiede di essere ascoltati dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio, in considerazione del nostro ruolo, della nostra funzione, del nostro sguardo inclusivo, del nostro vedere il carcere da diversi punti di vista. Come già affermato in diverse occasioni pubbliche, indignarsi non basta più. Serve praticare l’impegno e tradurlo in soluzioni giuridiche immediate per ridare a più di 60 mila persone speranza e dignità, quelle che, oggi, il Legislatore - anche in conseguenza della scarsa adeguatezza del recente Decreto Legge ad incidere nell’immediato sulle drammatiche condizioni detentive - sta svilendo. Luciano Giacobbe Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale
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