Crotone il pestaggio di Davide Ferrerio: "l’aggressore fu istigato"
La madre di Martina, Anna Perugino, istigò Nicolò Passalacqua «a commettere» percosse e lesioni ai danni di Davide Ferrerio. E poi: la 43enne coinvolse il 23enne di Colleferro perché pensò che «sarebbe stato meglio presentarsi all'incontro» per conoscere l'ignoto spasimante della figlia «con gli opportuni rinforzi» vista la «concreta possibilità di doversi trovare ad affrontare una colluttazione fisica con qualcuno di cui ignorava non solo l'identità, ma anche la capacità di aggressione e di procurare danni fisici». Ecco spiegato perché il Tribunale di Crotone, lo scorso 22 maggio, ha condannato la signora Anna a 8 anni di carcere. In 84 pagine di sentenza, il presidente del collegio Edoardo D'Ambrosio, in qualità di giudice estensore del provvedimento, ha ricostruito la responsabilità penale della donna che è stata riconosciuta responsabile di aver organizzato, la sera dell'11 agosto 2022 a Crotone, l'aggressione al 21enne bolognese che venne ridotto in fin di vita per un errore di persona da Passalacqua (per lui pena di 12 anni e 8 mesi di reclusione in appello per tentato omicidio). La vicenda di Davide Ferrerio è nota. Il ragazzo fu assalito perché scambiato per colui - risultato poi essere il 33enne Alessandro Curto - che flirtava con Martina Perugino (all'epoca 17enne) della quale Passalacqua s'era invaghito. Curto aveva iniziato a corteggiare la giovane (per lei messa alla prova ai servizi sociali) su Instagram usando il nome del suo ex fidanzatino. Ma quando all'incontro-trappola messo in piedi vicino al Palazzo di giustizia di Crotone, il 33enne si ritrovò di fronte al gruppo intenzionato a dare una lezione allo spasimante, si allontanò ed inviò un messaggio alla ragazza per dirle, mentendo, che indossava «una camicia bianca». Così facendo l'attenzione di Passalacqua cadde su Davide che si trovava nelle vicinanze e aveva addosso un indumento bianco. Scambiato per il corteggiatore, il giovane venne rincorso e atterrato con una ginocchiata all'addome e un pugno all'altezza dello zigomo destro inferti dal 23enne. Anna Perugino, si legge nelle motivazioni della pronuncia, era stata «animata» dalla volontà «di percosse o lesioni da compiere nei confronti dello sconosciuto corteggiatore» della figlia alla luce dell'ipotesi di «instaurare un rapporto di forza fisica».