In Calabria c’è voglia di cambiare e anche i dati dimostrano che è in atto un’inversione di tendenza». Dopo tre anni alla guida del Comando Legione Carabinieri Calabria il generale Pietro Salsano lascia Catanzaro per un prestigioso incarico a Roma al comando del Cums (Centro unità mobile e specializzata). L’alto ufficiale dell’Arma ha voluto incontrare la stampa ieri mattina per un saluto e un bilancio del suo triennio in Calabria. Una terra, ha detto, bellissima e ricca di uomini e donne di valore. «Ciò che mi ha colpito è la voglia che ho sentito da parte di tutte le istituzioni e della popolazione di riscatto. L'ho sentito moltissimo ed è per questo che mi sono molto poi dedicato ad una azione di apertura anche nei confronti delle comunità più piccole». Per il generale Salsano è necessario cambiare la narrazione della regione: «La ‘ndrangheta è un'organizzazione terribile, da combattere con tutti i mezzi a disposizione - ha sostenuto - però ho paura che sia stata per troppo tempo un alibi per tutti quanti: per impedire all'imprenditore di venire ad investire qui o per impedire alle forze di polizia di occuparsi di settori ancora più vicini ai cittadini come l'ambiente, la sanità, la pubblica amministrazione, il lavoro».
In questo senso il generale ha voluto ricordare per esempio l’impegno nella lotta agli incendi, «ora la Calabria - ha sottolineato - grazie alla collaborazione tra istituzioni è diventata un modello da imitare». Ha menzionato alcune delle operazioni portate a termine nel suo mandato. Come "Eco Call" relativa all’illecito smaltimento in terreni agricoli di tonnellate di prodotto definito come fertilizzante naturale, contenente invece vetro, plastica e residui ferrosi ben oltre i limiti di legge, nonché, in alcuni casi, tracce di “cromo esavalente”. L'operazione “Nerone” sul trasporto di ingenti quantitativi di rifiuti speciali e urbani, smaltiti mediante sversamento in discariche o dati alle fiamme creando così roghi tossici con esalazioni di sostanze nocive. L’indagine “Valanidios” ha fatto luce sullo sversamento di 5.000 tonnellate di inerti e materiali edili nel greto di una fiumara a carattere torrentizio, con la conseguente alterazione del naturale decorso delle acque e il pericolo di esondazione in quell’area. Infine l'operazione “Deep” che ha svelato come i siti di depurazione e gli impianti di sollevamento - insistenti nell’area medio - costiera tirrenica del territorio regionale operassero violando le norme penali e amministrative.
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