Un territorio ad «elevatissima densità criminale», caratterizzato dalla presenza di cosche di ‘ndrangheta che hanno dimostrato «particolare capacità di infiltrazione» nella pubblica amministrazione. La storia del Comune di Stefanaconi, “macchiata” nel corso degli anni – in particolare tra il 1994 e il 2002 – da atti intimidatori ad amministratori e soprattutto da due scioglimenti per mafia (nel 1992 e nel luglio scorso), viene brevemente richiamata dalla relazione con cui il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha chiesto e ottenuto, sulla scorta degli elementi raccolti dalla commissione d’accesso e delle conclusioni del prefetto, il commissariamento dell’ente guidato fino a poche settimane fa da Salvatore Solano, già presidente della Provincia. Proprio su di lui si concentrano molti passaggi, particolarmente severi, della relazione. Sarebbe infatti emersa «l’attualità» delle ingerenze dei clan nell’amministrazione comunale: oltre a una «mala gestio della cosa pubblica» sarebbe stata riscontrata «una evidente assenza di legalità dell’azione amministrativa». Molto viene ricondotto ai rapporti dell’ex sindaco con due imprenditori suoi parenti «ritenuti affiliati alla locale di ‘ndrangheta di Piscopio», uno dei quali, Giuseppe D’Amico, è stato condannato in primo grado a 30 anni in “Petrolmafie” anche per associazione mafiosa.
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