Entra nel vivo il processo per l’omicidio di Maria Chindamo, l'imprenditrice di 44 anni di Laureana di Borrello, rapita e uccisa a Limbadi il 6 maggio 2016 e il cui corpo secondo le indagini sarebbe stato poi dato in pasto ai maiali e i resti distrutti con la fresa di un trattore. Ieri mattina davanti alla Corte d’Assise è stato chiamato a testimoniare l’ufficiale dei Carabinieri Alessandro Bui che ha guidato il nucleo investigativo del comando provinciale di Vibo Valentia. Al centro della sua deposizione un’intercettazione avvenuta pochi giorni dopo la scomparsa dell’imprenditrice. Bui ne ha riferito i contenuti nell’aula del tribunale di Catanzaro. Protagonista del dialogo captato dagli inquirenti è un parente della Chindamo a colloquio con un uomo non identificato. Nel corso del colloquio il parente della donna scomparsa esclama: «Potrebbe esserci interessato il terreno». Per Bui quella frase dimostrerebbe come fin da subito anche all’interno della famiglia Chindamo l’attenzione si sarebbe concentrata sul terreno davanti al quale è stata rapita e che aveva iniziato a gestire dopo la morte del marito. Ma durante il dialogo intercettato, ha riferito in aula l’ufficiale dell’Arma, il parente della Chindamo avrebbe espresso la volontà di provare a sapere qualcosa in più sull’omicidio. La risposta del suo interlocutore sarebbe stata chiarissima: «Non ti muovere non vorrei che poi ti prendi un colpo di pistola». C’è infine un altro passaggio di quel colloquio ritenuto importante dal punto di vista investigativo. Sempre il parente della Chindamo avrebbe detto: «Il problema è che quelli se la sono portata in macchina». Anche in questo caso la risposta dell'uomo è netta: «Non la troveranno mai». Sempre durante l’udienza di ieri si è parlato di un’annotazione di servizio del 2021. A scriverla è stato un maresciallo dei carabinieri che era stato in servizio in quei territori della provincia vibonese. Il militare una sera vedendo la trasmissione “Chi l’ha Visto” sul caso Chindamo si è ricordato delle segnalazioni che aveva ricevuto per le continue invasioni di quei terreni. Per l’omicidio è imputato Salvatore Ascone, di 58 anni, accusato di avere collaborato alla pianificazione, organizzazione ed esecuzione dell'omicidio in concorso con l'ex suocero della Chindamo, Vincenzo Punturiero, che è deceduto, il quale avrebbe commissionato il delitto perché imputava il suicidio del figlio alla separazione che questi aveva avuto da Maria Chindamo.