La strada verso il rafforzamento dei posti-letto di Terapia intensiva e semi-intensiva negli ospedali calabresi resta ancora lunga. Chi immaginava che la “lezione” impartita dall’emergenza pandemica fosse servita a qualcosa, rimarrà deluso leggendo gli ultimi dati ufficiali forniti dal governo sul tema e aggiornati allo scorso 31 luglio. Già, perché nella tabella distribuita qualche giorno fa dal sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, in commissione Affari sociali della Camera e in risposta ad un’interrogazione della deputata leghista Simona Loizzo, emergono numeri impietosi per la Calabria. Negli ospedali dislocati tra il Pollino e lo Stretto sono stati attivati soltanto 24 posti-letto di Terapia intensiva rispetto ai 134 preventivati (pari al 18 per cento) e 11 di semi-intensiva sui 136 (pari all’8 per cento) in programma secondo quanto previsto dal decreto legge 34/2020. Cifre che collocano questa regione al penultimo posto nel Paese, sopra soltanto al Molise che risulta non aver attivato nessuna nuova postazione d’emergenza. Si tratta di numeri work in progress perché le Regioni e le Province autonome trasmettono al Ministero della Salute i dati per consentire il monitoraggio e lo stato di avanzamento di ogni singolo intervento del programma. In ogni caso, siamo di fronte ad un vero paradosso se si considera che da Roma, nel 2020, sono arrivati 40 milioni - in seguito fatti confluire nel Pnrr - proprio per rendere attuabile il decreto firmato dall’allora commissario per la sanità calabrese, Saverio Cotticelli. Dunque, il lavoro da compiere è imponente, anche se il termine finale per completare le operazioni è stato spostato in avanti: 30 giugno 2026. Entro quella data, infatti, dovrà essere raggiunto, a livello nazionale, il target del 100 per cento dei posti letto supplementari di terapia intensiva e semi-intensiva e della stessa percentuale degli interventi di ristrutturazione dei percorsi nei Pronto soccorso. Con i ritardi finora accumulati, l’obiettivo non appare scontato. Più “borse” agli anestesisti Gemmato, sempre a nome del governo, ha poi fornito qualche dettaglio sul fenomeno della mancata copertura della totalità dei posti nelle Scuole di specializzazione in anestesia. «La vera criticità - sottolinea l’esponente di Fratelli d’Italia - dei contratti di formazione finanziati, quanto dalla scarsa attrattività della professione, che si manifesta nella scelta del percorso «post laurea » dei neolaureati, dovendo tener anche conto che essa costituisce una tra quelle “a più alto rischio di burn-out”. Ne deriva che, il problema della carenza di professionisti è determinato, non dall’assenza dei posti, quanto dalla scarsa attrattività della professione, legata alle condizioni di lavoro espletato frequentemente nei Pronto soccorso ospedalieri e sul quale incide anche la frequenza dei gravi fatti di cronaca, contro i quali mi sto spendendo personalmente».