È terminato con quattro condanne e dieci assoluzioni il processo ordinario di primo grado scaturito dall'inchiesta "Turos" della Dda di Catanzaro sulle presunte ingerenze dei clan nelle aste immobiliari. Così ha deciso ieri il Tribunale di Crotone. Il collegio presieduto da Edoardo D'Ambrosio (a latere i giudici Michele Ciociola e Alfonso Scibona) ha accolto solo in parte le richieste del pubblico ministero, Paolo Sirleo, che lo scorso 21 marzo al termine della requisitoria aveva sollecitato la condanna per otto imputati e proposto di scagionare gli altri sei accusati. L’operazione "Turos", scattata il 27 ottobre 2021 con cinque arresti eseguiti dalla Guardia di finanza di Crotone, secondo la Procura antimafia di Catanzaro aveva permesso di smantellare un'ipotizzata rete di usurai, oltre che di disarticolare un'ipotetica attività fraudolenta di erogazione del credito tra le province di Crotone e Catanzaro con i debitori che, tra il 2017 e 2019, sarebbero stati vessati dai loro “aguzzini” ogni volta che ritardavano la restituzione del denaro avuto in prestito. E in questo scenario criminale delineato dagli inquirenti, si inseriscono due aste giudiziarie che, negli anni 2017-2018, sarebbero state manipolate per permettere ai titolari dei fabbricati pignorati - situati tra Isola Capo Rizzuto e San Leonardo di Cutro - di riappropriarsi dei medesimi beni favorendo, allo stesso tempo, i gruppi 'ndranghetistici dei territori di riferimento: la cosca Arena di Isola Capo Rizzuto e il clan Mannolo di San Leonardo di Cutro che i protagonisti delle procedure esecutive avrebbero utilizzato per far desistere gli altri interessati ad acquistare gli immobili. Una ricostruzione dei fatti, questa, che è stata ribadita in sentenza dai giudici. Ma lo stesso Tribunale ha escluso i presunti raggiri connessi ad altre due aste immobiliari con al centro altri due fabbricati: uno a Crotone e l'altro a Isola Capo Rizzuto per i quali ci sarebbe stata secondo l’accusa l'intromissione nel primo caso della cosca Megna di Papanice e nel secondo del clan Grande Aracri di Cutro. I giudici hanno inoltre scagionato Palma Spina dall'accusa di accesso abusivo alla Banca dati del “Sistema di indagine” del ministero dell’Interno che sarebbe avvenuto, nel 2019, al fine carpire in modo illecito delle informazioni riservate.
LA SENTENZA
La sentenza I giudici hanno condannato Francesco Falcone a 2 anni e 6 mesi di carcere; Gerardo Padula, 3 anni; Antonio Provenzano, 2 anni e 6 mesi; e Giuseppe Verterame, 2 anni e 6 mesi. Assolti: Giuseppe Giordano (erano stati chiesti 3 anni) e Cesare Curatola (4 anni), difesi dall'avvocato Pasquale Lepera; Francesco Rondinelli (6 anni) assistito dall’avvocato Gregorio Viscomi; Palma Spina (6 anni); Alessandra Auditore (assoluzione); poi Francesco Correale (assoluzione) e Gaetano Correale (assoluzione) entrambi difesi dall'avvocato Mario Nigro; Giancarlo Caterisano (assoluzione) assistito dall’avvocato Vincenzo Ioppoli; e infine Rocco Gigliarano (assoluzione) e Giuseppe Gigliarano (assoluzione), ambedue difesi dall'avvocato Francesco Verri. Gli altri imputati sono stati assistiti dagli avvocati Luigi Amoruso e Salvatore Iannone.