Isola Capo Rizzuto, la ’ndrangheta e gli appalti di Rfi: chiuse le indagini per 46

Due organizzazioni criminali unite da legami di parentela: una guidata dalla famiglia Giardino e l'altra dai Nicoscia. Entrambe avrebbero operato a Verona lucrando sugli appalti per l'ammodernamento della rete ferroviaria in Italia all'ombra della cosca Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto. È questa l'ipotesi accusatoria delineata dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia con la nuova inchiesta sulle ingerenze della 'ndrangheta isolitana nei lavori banditi da Rfi (parte offesa). Si tratta di un secondo troncone investigativo che è connesso al blitz "Doppio binario" della Dda di Milano che, nel 2022, smantellò il presunto sodalizio dei fratelli Aloisio di Isola Capo Rizzuto, attivo a Varese. Il pm lagunare Stefano Buccini ha chiuso le indagini per 46 persone che, a vario titolo, devono rispondere di associazione a delinquere, illeciti fiscali, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio, ricettazione, bancarotta fraudolenta, tutti reati aggravati dalla finalità mafiosa. Il primo gruppo sarebbe stato capeggiato da Domenico Giardino che, coi figli Vincenzo e Alfonso (del 1976), dal 2007 - per l'accusa - avrebbe riciclato il denaro ricorrendo ad «una vasta rete di società cartiere italiane ed estere che venivano utilizzate» anche dagli Aloisio e dai Nicoscia.