
Il Comune di Catanzaro si costituisce parte civile nel procedimento nato dall’inchiesta Secreta Collis. Ieri infatti ha preso avvio l’udienza preliminare a carico di 31 persone coinvolte nell’indagine sull’arsenale a disposizione delle più importanti cosche della ’ndrangheta calabrese, nascosto sotto gli ulivi del quartiere Gagliano. La Giunta nei giorni scorsi aveva approvato la proposta di delibera avanzata dall’avvocatura comunale. La contestazione del reato di associazione mafiosa legittima la costituzione di parte civile, «atteso - si legge nella delibera di costituzione - che le infiltrazioni di attività dell’associazione criminosa nell’ambito territoriale di un Comune configura un’eclatante danno alla comunità cittadina di cui il Comune è ente esponenziale per la tutela dei diritti e degli interessi della collettività, atteso che la comunità locale e la sua rappresentanza istituzionale possono essere associate alla presenza di associazioni criminali e al pericolo derivante dai reati da loro commessi e/o potenziali, legittimando il Comune a costituirsi parte civile per domandarne il ristoro».
Il gup ha ammesso la costituzione del Comune catanzarese e di un cittadino straniero, ha poi rinviato l’udienza al prossimo 22 novembre.
La Procura ipotizza la presenza di due associazioni, una operante nell’ambito della gestione del traffico di sostanze stupefacenti e l’altra dedita al traffico di armi, quest’ultima con l’aggravante mafiosa. Gli inquirenti hanno scoperto e sottoposto a sequestro un imponente numero di armi e munizioni ma anche circa 33 chili di sostanze stupefacenti tra marijuana e hashish. Droga e armi venivano occultati all'interno di bidoni sotterrati in una zona di campagna denominata località Cuturelle. L'indagine ha preso il via dall'arresto del latitante Agostino Papaianni, sfuggito il 19 dicembre del 2019 al maxi blitz Rinascita Scott. Nel giugno del 2021 venne catturato dalla Polizia in un B&B nel quartiere Janò. I dialoghi captati avrebbero così consentito agli investigatori di individuare una vasto giro di stupefacenti e un pericoloso traffico di armi. Al vertice dell’organizzazione vi sarebbe Domenico Rizza detto “Enrico”, che per gli inquirenti è «stato in grado di accreditarsi con le cosche di 'ndrangheta calabresi più sanguinarie». Di sua proprietà sarebbero i terreni adiacenti alla collina dove venivano nascosti armi e droga. Secondo le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia Rizza da anni avrebbe dato armi di ogni a diverse cosche della 'ndrangheta lametina e vibonese.
ga.ma.

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