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Crotone, le motivazioni della sentenza d'appello: Nicolò Passalacqua sapeva di poter uccidere Davide Ferrerio

Davide Ferrerio

«La condotta violenta» di Nicolò Passalacqua è stata «potenzialmente idonea a cagionare la morte» di Davide Ferrerio. E ancora: «La estrema violenza e la direzione del pugno» inferto al 21enne di Bologna «rende evidente che l’imputato» avesse in mente «l’esecuzione di un progetto lesivo gravissimo» per la vittima «che rappresentava l’evento minimo voluto e che non escludeva, nelle sue intenzioni, l’evento letale». Ne è convinta la Corte d'Appello di Catanzaro. Che, nelle motivazioni della sentenza con la quale lo scorso 8 luglio ha comminato 12 anni e 8 mesi di carcere al 23enne di Colleferro, spiega le ragioni per quali è stata confermata l'accusa di tentato omicidio per Passalacqua.
L'imputato, l'11 agosto 2022, ridusse in fin di vita Ferrerio per un errore di persona scambiandolo per lo spasimante anonimo di Martina Perugino, la ragazza, all'epoca minorenne, della quale s'era invaghito. Ma la decisione dell'Appello si pone in contrasto con quanto stabilito cinque mesi fa dal Tribunale di Crotone. Il quale, nel condannare a 8 anni di reclusione per concorso in lesioni gravissime e non per tentato omicidio Anna Perugino, madre di Martina e presunta istigatrice del pestaggio di Ferrerio, ha affermato che Passalacqua non volle «cagionare la morte» del giovane. Di diverso avviso i giudici di Catanzaro, secondo i quali «l’azione violenta» del 23enne «si fermò a quell’unico pugno solo per il fatto che Ferrerio» cadde a terra «subito dopo essere stato raggiunto» dal colpo allo zigomo «perché privo di sensi». «In altri termini - scrive il presidente relatore Giancarlo Bianchi - non si trattò di una condotta lesiva che si arrestò a quell’unico colpo per scelta dell’aggressore», in quanto «l’obiettivo era caduto a terra privo di sensi e diventava impossibile proseguire con altri pugni».

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