Elementi «concreti, univoci e rilevanti» all’interno che testimoniano chiare «forme di condizionamento e di ingerenza della criminalità organizzata» sull’Azienda sanitaria provinciale di Vibo, nuovamente sciolta per infiltrazione mafiose, a distanza di 14 anni. Una storia di «ingerenze criminali» che si protrae dalla costituzione dell’organismo stesso, sul quale ha regnato sovrano “il caos” e «la gestione amministrativa del personale» è parsa ripetutamente «fuori controllo».
Nonostante il primo scioglimento, peraltro, «i tentativi della criminalità organizzata di condizionare la vita dell’Ente» non si sono affatto esauriti. Anzi, sono proseguiti anche negli anni successivi, «come viene confermato dagli esiti di diverse inchieste giudiziarie”», a cominciare da Maestrale-Carthago, richiamata dal prefetto Paolo Giovanni Grieco nella sua relazione al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, lesto a trarre le sue conclusioni e ad inviarle al presidente della Repubblica per la firma del decreto di scioglimento per infiltrazioni mafiose dell’Ente, le cui motivazioni sono state appena pubblicate in Gazzetta ufficiale. Considerazioni severe quelle del capo dell’Utg: l’Asp rappresenterebbe ancora oggi «terreno di conquista e di occupazione da parte delle consorterie criminali» del territorio per due ordini di ragioni. In primis, spiega il prefetto «per l'importanza delle risorse che gestisce»; ed in seconda istanza, «per la natura dei servizi resi». Come dire, sull’Ente gli interessi delle cosche sarebbero finalizzati non solo alla mole di denaro che inevitabilmente l’Asp amministra ma anche alla necessità di accedere a prestazioni connesse al diritto alla salute, spesso negate al cittadino, per via di liste d’attesa infinite.
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