L’Umg può permettersi di perdere professionalità come quella del prof Ciro Indolfi, il luminare della cardiologia fresco di addio all’ateneo catanzarese e contestuale approdo all’Unical? Il problema non sta solo, e non tanto, nella decisione di Indolfi di puntare su Arcavacata per portare avanti progetti innovativi legati all’Intelligenza artificiale, quanto, piuttosto, nell’incapacità della Magna Graecia di trattenere una figura di spicco a livello nazionale, e non solo, nel campo scientifico. Perché, a questo punto, la sua uscita potrebbe non essere l’ultima e con la forza attrattiva dimostrata dall’Unical negli ultimi anni, un significativo travaso di professionalità mediche sull’asse Catanzaro-Rende potrebbe finire per affossare le prospettive dell’università dei Tre colli, in realtà allocata in quel deserto che è al momento Germaneto, quasi una metafora di un arido e spinoso rapporto con la città.
La reputazione è per qualsiasi ateneo un bene da considerare tra i più preziosi: non è solo una questione di facciata. Essa nasce dalla qualità dell’attività di ricerca, dalla capacità di garantire le condizioni per portarla avanti, dai risultati. E per fare ciò servono le personalità adatte, che pure non mancano in seno all’Umg: non è un caso che 51 docenti (tra i quali lo stesso Indolfi) siano stati inseriti nella World’s Top Scientists Ranking stilata a luglio dalla Stanford University. A fare da contraltare, però, è la recente classifica Censis che ha visto invece l’ateneo scivolare all’ultimo posto tra le medie università statali.
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