Si chiamano con l’acronimo Lap che sta per “Lavoratori a progetto”. Sono quelle decine di ormai ex dipendenti della Abramo Customer care, che hanno lavorato da sempre per l’azienda di call center come precari e senza alcuna tutela in caso di malattie o assenze. Se gli altri loro colleghi “coperti” da contratti a tempo indeterminato, hanno la cassa integrazione e potrebbero intravedere una lucina in fondo al tunnel della crisi che ha travolto l’azienda, (l’impiego nel progetto di digitalizzazione promosso dalla Regione, di cui si discuterà oggi in un incontro al Ministero dell’Industria), per loro il futuro è buio pesto.
«Non abbiamo alcuna certezza di essere ricompresi nel progetto di Occhiuto», lamenta Rosario Villirillo, uno dei 92 “Lap” del sito crotonese della Abramo Custome care che affidata ad una terna di commissari ha le ore contate. Rosario, 43 anni, sposato e padre di una bambina di appena un anno è sceso in mattinata a manifestare insieme alla gran parte dei “Lap” che sono quelli che più di altri rischiano di restare con in mano un “pugno di mosche”. «Ho lavorato 14 anni per questa azienda», sottolinea il 43enne che presidia con i colleghi l’area antistante gli uffici e le sale di quella che è stata dapprima la “Datel” e poi l’Abramo Customer care, a poche decine di metri dalla stazione ferroviaria. Li hanno “liquidati” con un semplice messaggio sui loro dispositivi di lavoro. «Da domani il suo contratto è interrotto!!».
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