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Inchiesta sul narcotraffico nel Lametino, quell’erba che “odora di mafia”

Nuovi particolari dall’inchiesta “Artemis”: la base logistica per lo stoccaggio e lo spaccio era in via Il Guiscardo a Lamezia. A impartire le direttive e ricevere i compensi dello spaccio erano Vescio e Caruso

Il gruppo che si occupava della piazza di spaccio di Lamezia era composto, secondo gli inquirenti, da 12 persone. Molti di loro hanno un’età compresa tra i 20 e 30 anni e tutti sono finiti in manette nell’ambito dell’operazione “Artemis” con cui, nei giorni scorsi, la Dda di Catanzaro ritiene di aver colpito un’organizzazione dedita al narcotraffico che sarebbe collegata alla presunta ‘ndrina di Cortale e Maida capeggiata dal 53enne Mimmo Cracolici. La base logistica sia per lo stoccaggio che per lo spaccio di marijuana e cocaina a Lamezia sarebbe stata in uno stabile in via Roberto Il Guiscardo nella disponibilità del 27enne Fabio Vescio, ritenuto al vertice della presunta organizzazione almeno finché non è stato arrestato, nel marzo del 2022, quando il testimone sarebbe passato al 34enne Simone Caruso. Erano loro, secondo la Dda, a impartire le direttive e ricevere i compensi dello spaccio «occupandosi in prima persona degli approvvigionamenti presso i fornitori e della distribuzione del narcotico sia agli spacciatori che agli acquirenti finali».

Gli inquirenti hanno ricostruito «con cadenza pressoché giornaliera» le cessioni sia a consumatori finali sia a persone che intendevano spacciare a loro volta. E il “prodotto” principale offerto nella «casetta» di via Il Guiscardo adibita a «centrale dello spaccio» era proprio la marijuana rifornita da Cracolici, definita – evidentemente non a caso – in maniera eloquente dallo stesso Vescio: «Odora di mafia compa’». Era il 19 dicembre del 2021 e in quell’occasione il 27enne stava rifornendo due coetanei indagati a piede libero e definiti dagli inquirenti come «dediti allo spaccio sulla piazza lametina». Vescio dava loro indicazioni sul prezzo da applicare e faceva riferimento, sempre secondo l’interpretazione dei pm, alla «provenienza mafiosa del narcotico», dimostrando così di riconoscere in Mimmo Cracolici «un esponente di spicco di una cosca di ‘ndrangheta». Non mancava neanche l’esortazione rivolta ai due: «Dobbiamo fare soldi ragazzi!».

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