Dagli affari illeciti della presunta cosca Maesano-Pullano di Isola Capo Rizzuto alla contestazione di voto di scambio politico-mafioso nelle elezioni regionali del 2021, fino all'ipotizzata tentata estorsione legata alla sistemazione delle macchinette per la vendita di bevande e alimenti nelle cliniche private della Presila. Sono alcune vicende che ieri il pm della Dda di Catanzaro, Paolo Sirleo, ha ripercorso durante la sua requisitoria nel giudizio di rito abbreviato nato dall'inchiesta "Garbino". Il pubblico ministero ha poi chiesto al giudice per le udienze preliminari, Mario Santoemma, di infliggere 16 condanne. L'operazione "Garbino", venne alla luce il 3 ottobre 2023 con 11 fermi eseguiti dalla Polizia, nei confronti di appartenenti alle famiglie Maesano e Pullano. Secondo la Dda, dopo gli arresti e le condanne scattati col blitz "Tisifone" del 2018, i clan contigui agli Arena-Nicoscia di Isola, attraverso le "vecchie conoscenze" e le nuove leve, sarebbero riusciti a mantenere il controllo del territorio a colpi di usura, estorsioni e traffico di armi e droga. I magistrati avrebbero accertato la nascita di «nuova struttura associativa» capeggiata da Fiorello Maesano (per lui chiesti 20 anni di carcere) e Pasquale Morelli (imputato nel processo di rito ordinario). Mentre sarebbe anche emersa la scalata dei Pullano, coi rami dei "Cacagatti" e "Tifuni", intenzionati a non perdere il controllo dell'area. E così, all'indomani dei fermi di "Tisifone", i pm approfondirono «l’evoluzione delle dinamiche criminali che si sarebbero verificate» a Isola Capo Rizzuto, «tra le quali il probabile verificarsi di una staffetta generazionale determinata dal venir meno di capi e affiliati di rilievo decimati dagli arresti». In particolare, l'attenzione si focalizzò su Fiorello Maesano, considerato un esponente di spicco della 'ndrangheta isolitana, che si sarebbe occupato sia dei proventi degli affari illeciti per sostenere i carcerati, sia di dirimere i contrasti tra le ‘ndrine.