Da un lato ci sono le due aste giudiziarie che sarebbero state manipolate per favorire i proprietari originari degli immobili pignorati dislocati tra Isola Capo Rizzuto e San Leonardo di Cutro. Dall'altro le intimidazioni mafiose alle persone interessate ai beni che le avrebbero fatte desistere dal comprarli. Ecco spiegato perché il Tribunale di Crotone, lo scorso 24 settembre, ha condannato quattro dei quattordici imputati coinvolti nel processo di primo grado nato dall'operazione "Turos" della Dda di Catanzaro. L'inchiesta venne alla luce il 27 ottobre 2021 con cinque arresti eseguiti dalla Guardia di Finanza di Crotone. I giudici hanno inflitto a Francesco Falcone la pena di 2 anni e 6 mesi di carcere; a Gerardo Padula, 3 anni; ad Antonio Provenzano, 2 anni e 6 mesi; ed a Giuseppe Verterame, 2 anni e 6 mesi.
Sotto scacco sono finite due procedure esecutive. Una ha riguardato la vendita all'asta del Park Hotel di Isola Capo Rizzuto. «È stato provato», scrive il giudice relatore Alfonso Scibona nelle motivazioni della sentenza, che nel 2019 «in occasione della visita» all'immobile di «un terzo potenziale offerente» di Catanzaro, Padula, in qualità di delegato alla vendita dal Tribunale civile di Crotone, informò di tale venuta Antonio Provenzano, «l'amministratore di fatto» della "Promatur", la società che aveva in gestione il fabbricato, che a sua volta allertò Giuseppe Verterame, il debitore pignoratizio che non aveva alcuna intenzione che l'immobile venisse ceduto. «I tre», ripercorre il provvedimento, «si incontrarono» all'aeroporto di Sant'Anna con Padula che violò i suoi «obblighi professionali». Come? Autorizzando «la presenza» di Verterame fuori dal Park Hotel, «assolutamente conscio degli effetti deterrenti» che questo avrebbe prodotto di fronte «ad una possibile manifestazione di interesse» dell'interessato. In questo modo, per i giudici, Padula avrebbe «pregiudicato il sereno esercizio del diritto di visita» oltre a minare la «partecipazione alla gara».
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