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Girifalco, luce sui raid ad “Acqua Calabria” e sui proventi delle estorsioni

Inchiesta Scolacium, il pentito Ielapi racconta i dettagli degli atti intimidatori. Clan di Borgia e Vallefiorita, ricostruito il periodo in cui vigeva l’accordo di spartizione dei soldi sottratti alle imprese di Girifalco

Il noto stabilimento dell’Acqua Calabria al centro delle mire delle cosche criminali del Catanzarese. A raccontarlo è sempre Sandro Ielapi che, arrestato a febbraio nell’ambito dell’operazione Scolacium, nel giugno scorso ha deciso di diventare collaboratore di giustizia e di raccontare ai magistrati della Dda le dinamiche delle consorterie criminali di Borgia e Vallefiorita che tenevano sotto schiaffo un intero comprensorio. Le attività imprenditoriali del territorio, secondo il dettagliato racconto di Ielapi, erano costantemente oggetto di intimidazioni e richieste estorsive da parte delle cosche. Una cappa asfissiante che il pentito ricostruisce nei verbali affidati agli inquirenti e depositati agli atti del processo Scolacium.

«Con riguardo alle vicende dell’Acqua Calabria - dichiara Ielapi - preciso che ricordo di essere andato in due occasioni, sempre con Vincenzo Tolone, perché era con lui che compivo le azioni intimidatorie e i danneggiamenti alle ditte, una che è consistita nel posizionare un segnale, che forse ricordo essere stata una bottiglietta incendiaria e ricordo che facemmo ingresso allo stabilimento dell’Acqua Calabria - Brasilena, sulla strada dove c’è la fontana che credo sia di proprietà della ditta».
Poi Ielapi racconta del secondo atto intimidatorio perpetrato nei confronti della nota impresa. «Per come in questo momento è il mio ricordo - dichiara - mi sembra che incendiai una pedana di legno che forse era montata su un muretto e potrebbe anche darsi che la stessa pedana potesse essere nei pressi di un camioncino che poi è stato incendiato».

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