«Te lo dico chiaramente, se non sei con me, sei contro di me. Comando io là». Si può sintetizzare così, con le parole rivolte al vicesindaco Ernesto Menniti il pensiero di Antonio Paparo, “sindaco ombra” di Badolato, arrestato nell’ambito dell’operazione Ostro, eseguita all’alba di mercoledì scorso dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro e del Ros. L’imprenditore voleva a tutti i costi mettere le mani sul Comune, avere il controllo dell’ente, obbligando a votare i candidati che lui stesso aveva indicato nella costruzione delle due liste in campo nella campagna elettorale farsa delle amministrative del 2021. Dall’ordinanza, infatti, è emerso che l’imprenditore, che aveva fornito il nascondiglio al boss Cosimo Damiano Gallace, si accordava con il marito della futura assessora Antonella Giannini, Giuseppe Fiorenza, su come procacciare i voti alla ai candidati. Paparo insisteva che tutti quelli che erano stati designati dovevano uscire e che coloro che non li avessero sostenuti sarebbero diventati suoi nemici. Nel parlare col sodale, si diceva pronto a bruciare le macchine di chi non si fosse piegato alla sua volontà, e rincarando la dose affermava che sarebbe arrivato a bruciare direttamente le persone. Al tempo stesso, si diceva sicuro di vincere, consapevole che i suoi voti erano necessari e richiesti da chi si stava approcciando alla campagna elettorale. Un potere illimitato quello di Paparo sui protagonisti della politica badolatese, al punto da imporre al neo eletto sindaco Nicola Parretta la nomina di Giannini come assessora esterna, nonostante i pochi voti ottenuti. Stessa coercizione veniva esercitata nei confronti del vicesindaco Menniti, obbligato a rendergli conto di tutto quello che avveniva in Comune.