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La cosca e i lavori anti-erosione lungo il litorale del Basso Ionio catanzarese

Dalle carte dell’inchiesta “Ostro” ulteriori dettagli sul modus operandi delle cosche. Dalle intercettazioni emerge l’ingerenza del boss Gallace nell’iter degli interventi per 1,3 milioni aggiudicati dalla Regione nel 2015

Dalle pagine dell’inchiesta Ostro, eseguita all’alba di mercoledì scorso dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro e del Ros, che ha portato all’arresto di 44 persone (29 ai domiciliari e 15 in carcere), emergono gli appetiti della cosca Gallace sui lavori per contrastare il fenomeno della pesante erosione costiera che riguarda le spiagge del Basso Ionio catanzarese, da Soverato a Guardavalle.
Particolarmente significative in tal senso sono le conversazioni captate nel 2021 fra Domenico Vitale (49 anni) e il boss Cosimo Damiano Gallace, nelle quali il primo riferiva al secondo che Giovanni Renda (anch’egli coinvolto nell’operazione antimafia della Dda di Catanzaro) aveva esigenza di parlargli a proposito di alcuni lavori. Gli interventi in questione erano quelli aggiudicati con un decreto della Regione Calabria nel 2015 per un importo di un milione e 300mila euro alla società Icogen srl - Campania noleggi, finalizzati alla realizzazione del completamento delle opere di difesa costiera e ricostruzione del litorale da Copanello a Punta Stilo. Qualche giorno dopo quella prima telefonata, Vitale aveva inviato a Gallace un messaggio con una foto ritraente un bigliettino sul quale era scritto “Guardavalle Soverato devono mettere pietre a mare, una ditta siciliana”.
In risposta al messaggio, il boss aveva manifestato un po’ di risentimento, in quanto nel bigliettino vi era un riferimento preciso al loro Comune, Guardavalle, inviando Vitale ad essere più prudente. In ogni caso, emergeva la circostanza che una ditta esterna stava per realizzare dei lavori nel territorio di loro competenza e, quindi, l’interesse a rivendicare il proprio ruolo. Le indagini documentali effettuate dalla polizia giudiziaria nell’iter dell’appalto gestito dalla Regione Calabria avrebbero accertato che vi sarebbe stata, secondo quanto emerso dagli atti dell’inchiesta, una vera e propria infiltrazione da parte di imprese a vario titolo legate alla criminalità organizzata nell’appalto sulla posa dei massi frangiflutti.

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