Ritorna a Catanzaro dopo 33 anni il clan dei Gaglianesi: "La cosca è stata capace di autorigenerarsi"
Una storia criminale che affonda le radici negli anni a cavallo tra gli '80 e i '90, una storia criminale caratterizzata da un capillare controllo del territorio grazie alla compiacenza di numerosi imprenditori e all’omertà del contesto civile, dalla capacità di rigenerarsi nonostante diverse operazioni delle forze dell’ordine e dal sostegno delle principali consorterie di 'ndrangheta del Crotonese: è la storia criminale del clan dei Gaglianesi, clan egemone su Catanzaro che i carabinieri hanno disarticolato con un’operazione, coordinata dalla Dda del capoluogo calabrese, che ha portato all’esecuzione di 22 misure cautelari. A illustrare i dettagli del blitz il neo procuratore capo della Dda di Catanzaro, Salvatore Curcio, alla sua prima conferenza stampa nel nuovo ruolo, il procuratore Vincenzo Capomolla (futuro procuratore a Cosenza), l’aggiunto Giancarlo Novelli e i vertici dei carabinieri provinciali di Catanzaro con il comandante Giuseppe Mazzullo e il comandante del reparto operativo Giovanni Burgio. Nell’incontro con i giornalisti è stato tratteggiato il modus operandi di una cosca di 'ndrangheta specializzata soprattutto in reati predatori e nelle truffe, la 'specialità della casa' dei Gaglianesi, tanto da essere definiti 'pagghiunari' dal procuratore Curcio, che già nel 1993 si era imbattuto in questo clan che nonostante gli anni passati e le decapitazioni è sempre rimasto attivo. Potendo contare su un humus favorevole e su uno spessore e un prestigio criminale che induceva molti imprenditori a rivolgersi direttamente alla cosca per risolvere qualsiasi tipo di controversia o di problema, spiegano gli inquirenti. Diverse le operazioni contro il clan dei Gaglianesi portate a termine negli ultimi tre decenni dalle forze dell’ordine non sono bastate a silenziare definitivamente questo clan, sempre capace di riassestarsi e ripartire «a conferma del fatto che per contrastare la 'ndrangheta non basta l’azione repressiva degli apparati dello Stato ma serve un impegno collettivo di tutte le componenti della società civile», dice Curcio. Un’evoluzione criminale, quella del clan dei Gaglianesi, che hanno scalato i gradini del Gotha 'ndranghetistico anche per la loro vicinanza, in un ruolo più ancillare ma comunque di tutto rispetto, con le cosche di Isola Capo Rizzuto e di Cutro, un’evoluzione che è diventata ancora più evidente dopo che nel 2014 il 'locale' di Cutro ha incominciato a perdere colpi e terreno lasciando maggiore campo libero alla consorteria catanzarese, che inoltre faceva anche da polo di attrazione delle altre organizzazioni attive nel capoluogo calabrese, soprattutto la criminalità di etnia rom, che con i Gaglianesi «hanno avuto continui e assidui rapporti, del resto uno dei capi del sodalizio rom ha avuto un ruolo attivo nella scalata post 2014», dicono gli inquirenti. «Queste collusioni sul territorio - sottolinea il procuratore Capomolla - sono elementi che allarmano perché organizzazioni mafiose anche se colpite possono sempre rigenerarsi». Alla base dell’operazione dei carabinieri intercettazioni ma anche le testimonianze di alcuni pentiti, nei cui racconti tra l’altro veniva evocata la forza di intimidazione dei Gaglianesi dovuta anche ai capi storici della cosca. Tra gli indagati figura anche un poliziotto che aveva contatti don alcuni esponenti del clan e il cui ruolo, indicano gli inquirenti, «è oggetto di ulteriori approfondimenti». Gli interessi dei Gaglianesi spaziavano ad ampio spettro ma il suo core business erano sicuramente le truffe, che avvenivano con un sistema molto sofisticato. Accertato ad esempio che il clan aveva creato nel Nord Italia una società attiva in diverse branche merceologiche con tutti i crismi legali che però era gestita da nomi fittizi, e quando i creditori si presentavano per farsi pagare non riuscivano a trovare nessuno, un meccanismo che veniva quindi perpetuato quasi all’infinito, con conseguenti notevoli introiti per la cosca, tanto da guadagnare oltre 400mila complessivamente con questo giro di truffe. Ma sul territorio la presenza della cosca si manifestava in tanti modi, con i modi spicci e violenti delle nuove leve e con il supporto logistico in fatti eclatanti come una rapina da 8 milioni di euro alla Sicurtransport e altre rapine a banche di Catanzaro.