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'Ndrangheta a Catanzaro, la società “silente” che ha favorito il clan dei Gaglianesi FOTO

L’appello del procuratore Curcio ai cittadini: serve l’impegno della comunità, la repressione da sola non basta. Alcuni imprenditori avrebbero usato l’organizzazione per risolvere i problemi delle loro attività. Secondo la Dda bisognava pagare gli uomini della cosca per poter attaccare i manifesti elettorali

Prima Falco-Ghibli, poi Revenge ora Clean Money, dal 1993 a oggi le operazioni delle forze dell’ordine hanno colpito duramente il clan dei Gaglianesi eppure a distanza di 30 anni la cosca ha confermato la sua piena operatività. «Questo - ha spiegato il procuratore Salvatore Curcio - è il segno di come l’azione dello Stato non sia mai risolutiva della problematica. Oggi la comunità di Catanzaro fa i conti con qualcosa che era stato già messo in luce 32 anni fa». Chiaro l’invito del procuratore Curcio ai cittadini catanzaresi «a un impegno ancora maggiore perché affrontino queste tematiche che li riguardano da vicino», evidenziando che «la lotta alle mafie non è appannaggio di magistratura e forze dell’ordine ma deve interessare l’intera società civile».

Economia “illegale”

L’inchiesta ha fatto luce sulle estorsioni, spesso culminate anche in violenti pestaggi, nei confronti di alcuni imprenditori vittime del clan. Allo stesso tempo però l’attività investigativa ha fatto emergere come altri esponenti della società civile si siano avvalsi della mediazione violenta dell'organizzazione criminale per risolvere problemi legati alle loro attività economiche.

Interessi “politici”

Da alcune intercettazioni riportate nell’ordinanza si evince anche il tentativo di inquinare le competizioni elettorali. Vengono citate tra le pagine dell’ordinanza le Regionali 2014 durante le quali dal carcere sarebbero arrivate indicazioni di voto a favore di un candidato al Consiglio.

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