L'omicidio irrisolto dell'ex sindaco di Zagarise Giuseppe Mangone. Ricorso dei familiari
alla Corte europea
La vedova e la figlia di Giuseppe Mangone, l’82enne ex sindaco di Zagarise trovato senza vita nel dicembre 2013 con una profonda ferita al collo, hanno presentato un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per denunciare «le gravi carenze investigative e la decisione delle autorità italiane di chiudere definitivamente il caso senza aver identificato i responsabili». Mangone era stato colpito mortalmente con un’arma bianca - verosimilmente una mannaia, un’ascia o una scure - mentre si trovava nei pressi della sua abitazione. L’attacco sarebbe avvenuto di sorpresa, alle spalle, senza segni di colluttazione. L’inchiesta della Procura di Catanzaro, riaperta più volte a seguito di opposizioni all’archiviazione presentate dalla famiglia, è stata caratterizzata secondo i familiari dell’ex sindaco da «errori, omissioni e prove mai analizzate», fino alla decisione finale del giudice di archiviare il caso nel 2024, privando la famiglia di qualsiasi possibilità di ottenere giustizia. Con il ricorso alla Corte europea, presentato dalla figlia e dalla vedova con l’assistenza dell’avvocato Gianluca Piemonte, esperto in ricorsi internazionali, la famiglia della vittima chiede che venga riconosciuta la responsabilità dello Stato italiano per non aver condotto un’indagine adeguata su un omicidio irrisolto, lasciando impuniti i responsabili. Tra le principali lacune investigative segnalate nel ricorso alla Corte europea c’è «lo smarrimento inspiegabile degli indumenti della vittima, sequestrati ma mai analizzati, che avrebbero potuto fornire tracce biologiche fondamentali per risalire agli autori dell’omicidio». Si sottolinea poi la presenza di «dichiarazioni contrastanti mai verificate, nonostante alcune testimonianze contenessero incongruenze evidenti». Ci sarebbero poi stati «strumenti compatibili con l’arma del delitto sequestrati ma analizzati solo parzialmente, senza accertamenti specifici sul loro effettivo utilizzo». E infine «ritardi inspiegabili e mancata esecuzione degli accertamenti richiesti dal giudice, che in più occasioni aveva rigettato le richieste di archiviazione sollecitando ulteriori indagini».