Il suicidio di Danilo Garofalo in carcere a Crotone: a processo psichiatra e due agenti, Ministero e Asp responsabili civili
Ministero della Giustizia e Azienda sanitaria provinciale di Crotone sono stati individuati come responsabili civili del processo a carico di tre persone scaturito dall'inchiesta sul suicidio in carcere del 39enne di Petilia Policastro, Danilo Garofalo, avvenuto il 22 settembre 2022. Lo ha deciso oggi la giudice Chiara Daminelli che sta giudicando Francesco Antonio Lamanna, il 70enne medico psichiatra in servizio al carcere di Crotone, e i due agenti di polizia penitenziaria, l'assistente capo Gino Pace, 56 anni di Verzino, ed il sovrintendente Ercole Lista, 61enne di Cerenzia. Tutti devono rispondere di omicidio colposo. Adesso il dicastero e l'Asp, pur non avendo commesso il reato per il quale si procede, saranno tenuti a risarcire i danni ricollegabili a esso in caso di condanna degli imputati. Secondo la Procura di Crotone, sui tre accusati pendeva «l'obbligo di prevenire il suicidio di Garofalo» alla luce «di un quadro clinico» dal quale sarebbe emerso «un elevato rischio suicidio» del 39enne per quattro ragioni: il suo stato di tossicodipendenza; i due trattamenti sanitari obbligatori effettuati precedenti tentativi di suicidio; l'assistenza al Centro di salute mentale; e i problemi familiari dai quali era scaturita la misura cautelare in carcere alla quale si trovava sottoposto con l'accusa di maltrattamenti in famiglia. Nello specifico, allo psichiatra Lamanna viene addebitato di aver disposto «oralmente la grande sorveglianza» per Garofalo senza «assicurarsi» che entrasse in cella privo dei lacci delle scarpe poi usate per impiccarsi. Allo stesso modo il medico è ritenuto responsabile di non aver ordinato sia «la sorveglianza h24» per il detenuto che la visita psichiatrica. Mentre gli agenti Pace e Lista devono rispondere di aver fatto entrare Garofalo in cella coi lacci delle scarpe non garantendo «una sorveglianza continuativa». La prossima udienza è in programma per il 3 luglio nel corso della quale si dovranno costituire il Ministero della Giustizia e l'Azienda sanitaria provinciale. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Aldo Truncè e Francesco Laratta, che contestano le accuse mosse ai loro assistiti. Mentre i familiari del 39enne sono assistiti dai legali Giovanbattista Scordamaglia e Mariapia Antonella Garofalo.