
Si conclude con una condanna la vicenda giudiziaria dell’agente di polizia locale Orlando Lagonia, in servizio nel Comune di Borgia, già coinvolto nel cosiddetto “caso Scarfone”. La Prima sezione penale del tribunale di Catanzaro ha emesso una sentenza di colpevolezza nei suoi confronti condannandolo alla pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione, oltre all'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Lagonia è stato inoltre condannato al risarcimento nei confronti di Concetto Strano.
La vicenda
Lagonia, 51 anni, era indagato per i reati di falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, calunnia, abuso d’ufficio e accesso abusivo a un sistema informatico. Il tutto, secondo la Procura, per ritorsione nei confronti del poliziotto Concetto Strano. L’intera vicenda risale al settembre 2018 e sarebbe scaturita da un diverbio intercorso fra i due, legato alla contestazione da parte di Strano delle modalità con cui Lagonia aveva intimato l’alt alla sua auto con la quale stava transitando, assieme alla moglie, su corso Mazzini.
Secondo la ricostruzione della Procura, alla contestazione mossa dal poliziotto, sarebbe seguita, a scopo ritorsivo, la richiesta di Lagonia di fornire il documento di riconoscimento. Calmati gli animi, la faccenda sembrava essersi conclusa con una rappacificazione da parte del vigile, mentre il poliziotto si riservava di inviare una segnalazione dell’episodio al comandante della polizia locale di Borgia Salvatore Scarfone (come di fatto poi avvenuto) il quale chiedeva al collega una relazione di servizio sui fatti. A quel punto Lagonia, deposita a riscontro un’annotazione con la quale dichiarava falsamente di aver fermato una Mercedes classe “A” e di aver invitato il guidatore a fornire le proprie generalità e di averne ricevuto un rifiuto. Annotazione inviata anche alla Prefettura di Catanzaro. Circostanze rivelatesi false, perché il veicolo con tanto di targa citato nell’annotazione non si trovava a Borgia, ma parcheggiato a Squillace, come poi accertato nel corso delle indagini, mentre l’auto sulla quale viaggiavano il poliziotto e la moglie il giorno del diverbio con il vigile era una Mercedes classe “C”, intestata al figlio.
Ad aggravare il quadro della situazione, si aggiunge il fatto che per multare il poliziotto per violazione delle norme della circolazione stradale, Lagonia avrebbe fatto accesso abusivo ai sistemi informatici, indirizzando al comando stazione dei carabinieri di Petrizzi una richiesta di visure targhe per conto della polizia locale di Petrizzi (presso la quale prestava servizio a scavalco) e inducendo in errore anche un appuntato in servizio nella Stazione di Petrizzi. Per la Procura la richiesta era illecita in quanto era finalizzata al perseguimento di scopi personali di ritorsione contro il poliziotto e perché relativa ai poteri inerenti la polizia locale di Borgia, anziché quella di Petrizzi. Il pubblico ministero, inoltre, ha contestato a Lagonia l’abuso d’ufficio, perché in violazione dei doveri di lealtà e correttezza prescritti nel codice di comportamento dei dipendenti pubblici ha causato al poliziotto e alla moglie un ingiusto danno consistito nell’avvio a loro carico del procedimento amministrativo per violazione alle norme del codice della strada.
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