'Ndrangheta nel Lametino, gli affari della cosca Iannazzo: col boss in carcere comandava la moglie. 8 arresti I NOMI
I delitti, a vario titolo ipotizzati nei loro confronti vanno dalla "associazione di tipo mafioso", "estorsione", "usura", "intestazione fittizia di beni", "accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti", fino alla "detenzione di armi da fuoco". In 8 sono stati arrestati (6 in carcere e 2 ai domiciliari) nel circondario di Lamezia Terme dai i Carabinieri del Comando Provinciale di Catanzaro ed agenti della Polizia di Stato di Catanzaro e Lamezia Terme, con il coordinamento della Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. Disposto anche il sequestro preventivo dì una società di autonoleggio e di una somma di denaro per un ammontare di 7.820,00 €.
I nomi
In carcere: Francesco Amantea, inteso Franco, nato a Sambiase (ora Lamezia Terme) il 23.1.1956; Antonio Iannazzo, detto "Mastru 'Ntoni", nato a Sambiase (ora Lamezia Tenne) il 10.3.1957; Francesco Iannazzo, detto "U Cafarone", nato a Sambiase (ora Lamezia Terme) l'8.3.1955; Pierdomenico Iannazzo, nato a Lamezia Terme il 7.12.1979; Vincenzo Iannazzo, nato a Lamezia Terme l'1.6.1990; Giovannina Rizzo, nata a Sambiase (ora Lamezia Terme) il 29.11.1955; Ai domiciliari: Emanuele Iannazzo, nato a Lamezia Terme il 10.5.1981; Giuseppe Ruffo, nato a Catanzaro il 18.7.1990; Gli indagati Mario Gattini, nato a Malmedy (Belgio) il 25.4.1975; Debora Iannazzo, nata a Lamezia Terme il 24.8.1986; Francesco Antonio Iannazzo, nato a Lamezia Terme il 9.6.1992; Luigi Notarianni, nato a Lamezia Terme il 29.01. 1982.
I delitti del 2024 e la decimazione della cosca Iannazzo-Cannizzaro-Daponte
L'indagine - condotta dal Nucleo Investigativo di Lamezia Terme dal giugno 2020 al settembre 2023, attraverso attività tecniche ed arricchita da emergenze di altri procedimenti penali riguardanti fatti delittuosi accaduti nel 2024 - ha permesso di appurare la perdurante operatività della cosca Iannazzo, in una fase successiva all'esecuzione di più ampie operazioni di polizia che hanno condotto, il 14 maggio 2015 e 22 febbraio 2017, alla decimazione della compagine associativa Iannazzo-Cannizzaro-Daponte.
L'operazione "Andromeda" e il tentativo di riorganizzarsi
Il peculiare momento storico inquadrato dall'inchiesta è quello successivo all'esecuzione delle misure cautelari del procedimento "ANDROMEDA", caratterizzato dalla decimazione della citata compagine associativa 'ndranghetista e dai conseguenti sforzi dell'associazione familistica di riorganizzare e riprendere le attività illecite costituenti il programma sociale.
La condanna del capocosca e la detenzione dei consociati
Tali sforzi sono stati resi più complicati da eventi esiziali perla vitalità del clan come il passaggio in giudicato delle sentenze di condanna del capocosca e la detenzione degli altri consociati.
La moglie del boss e il suo uomo fidato
In questo momento di fibrillazione del gruppo, sono risultate fondamentali le figure della moglie del boss e di uno dei suoi uomini più fidati, mai coinvolti nelle precedenti vicende giudiziarie. Quest'ultimi si erano fatti carico di fronteggiare la momentanea carenza di risorse economiche e la correlata necessità di rinvenire fondi per sostenere le spese legali e sostentamento dei carcerati, raccogliendo denaro da soggetti estorti o conniventi e conducendo attività economiche fittiziamente intestati a terzi.
Il quartier generale tra Sambiase e Sant'Eufemia
Di fatti, l'organizzazione criminale operante nei quartieri di Sambiase e Sant'Eufemia di Lamezia Terme (comprensiva dell'area industriale), in una composizione soggettiva più ridotta a causa della detenzione della maggior parte dei consociati, per il tramite della moglie del capocosca, ha continuato a esercitare il controllo del territorio, intervenendo nei litigi e nelle controversie civilistiche tra privati o assicurando "protezione" da aggressione al patrimonio e all'incolumità personale, e a compiere attività di estorsione e usura, reinvestendo i capitali accumulati in aziende di comodo gestite in maniera occulta, ma di fatto formalmente intestate a soggetti terzi "fittizi".
La società di autonoleggio e il prestanome
Nello specifico è emerso che il sodalizio mafioso, anche al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, attribuiva fittiziamente le quote di una società di autonoleggio, presente nella zona dell'aeroporto, a un prestanome che gestiva l'azienda coadiuvato dalla moglie, dipendente dell'impresa, eseguendo le direttive e operando sotto il controllo dei proprietari e amministratori occulti, che mensilmente raccoglievano i dividendi provento dell'attività.
Direttive dal carcere
Alcune direttive sulla gestione degli affari di famiglia, provenivano anche dal carcere, dove il figlio del boss riusciva, attraverso un cellulare occultato nella cella, a comunicare all'esterno.
L'estorsione all'imprenditore
Agli atti del fascicolo, sono presenti degli episodi di estorsioni, di cui l'ultima in ordine di tempo, tentata ai danni di un imprenditore edile che aveva appena comprato un capannone nell'area industriale. In un'altra occasione, gli odierni arrestati, con minacce esplicite e implicite di azioni violente contro la persona o i suoi beni in caso di rifiuto che sarebbero state perpetrate da esponenti della cosca Iannazzo-Cannizzaro-Daponte, costringevano un debitore dell'autonoleggio a pagare una somma di denaro superiore a 2.150 €, quale riscossione di un credito controverso senza ricorrere ad azioni legali.