
Riceviamo e pubblichiamo la lettera del testimone di giustizia del Vibonese, Michele Tramontana:
Sarebbero necessarie centinaia di pagine per portare a conoscenza dei lettori la non-vita dei testimoni di giustizia.
Michele Tramontana e la sua famiglia entravano nel programma speciale di protezione per i testimoni di Giustizia a seguito della denuncia interposta nell’anno 2006 avverso esponenti della nota associazione di stampo mafioso Mancuso in conseguenza di plurimi attentati ed atti intimidatori subiti da parte di componenti dell’associazione medesima che esercitavano la pretesa di ingenti somme di denaro.
Dopo circa tre anni dalle denunce il procedimento penale N° 1943/2009 RGNR presso il Tribunale di Vibo Valentia in cui ben sei soggetti, in ipotesi appartenenti ad associazione di stampo mafioso venivano chiamati a rispondere di reati vari tra cui il delitto di cui all’art. 644 commi 1 e 5 n3 del cp e art.7 L. 203/1991.
Incredibilmente occorrevano 13 anni per giungere ad una sentenza di condanna, emessa il 19 luglio 2023 e depositata nel mese di ottobre dello stesso anno.
Fascicoli smarriti, Giudici trasferiti, rinvii senza apparente motivo fondante hanno determinato ciò.
E durante questi 13 anni non sono sicuramente mancate le pressioni, gli “avvertimenti”, le minacce; non è mancata nemmeno la paura ogni qual volta si è presenziato alle udienze, ogni qual volta si è deposto, ogni qual volta si è rimesso piede in quel di Vibo Valentia.
Poi la beffa: nel 2018 il Ministero decide di revocare il programma di protezione per intervenuta cessazione delle esigenze di cautela, a processo in corso e con deposizione testimoniale ancora da rendere!!!
Le impugnazioni giudiziarie hanno sospeso il provvedimento di estromissione e dopo ulteriori anni si è giunti ad un accordo con cui, a fronte del pagamento anticipato da parte dello Stato delle indennità di spettanza e della acquisizione al patrimonio dello stato degli immobili di proprietà, si accettava la fuoriuscita.
Peccato che per avere il pagamento di quanto spettante siano occorsi anni, durante i quali l’attività lavorativa del testimone è stata divulgata in internet in modo tale da renderlo identificabile e reperibile a chiunque.
Nessuno ha mai mosso un dito per evitare ciò.
Ebbene la sentenza emessa dopo 13 anni si “dimentica” le parti civili costituite nelle persone dei familiari stretti del denunciante principale, riconoscendo solo allo stesso un danno valutato con una provvisionale di 3.000,00 euro!!!
Tutte le parti civili hanno pertanto interposto appello alla sentenza e ad oggi, dopo due anni, la Corte di Appello di Catanzaro non ha fissato il giudizio.
Non solo.
Gli appellanti hanno depositato ben due istanze di trattazione urgente, documentando come nel frattempo tutti i risarcimenti in corso come vittime di usura e gli ulteriori benefici di legge per le vittime di mafia erano in corso di revoca, non essendo riconosciuta la figura della parte civile.
Ebbene la Corte, sdegnosamente, respingeva le istanze affermando che “non vi è motivo di urgenza “e che il procedimento seguirà la calendarizzazione di rito.
Quale rito non è dato sapere.
Forse quello della prescrizione, nella migliore delle ipotesi.
Il risultato dell’aver avuto fiducia nella Giustizia e nello Stato è pertanto quello di essere diventati fantasmi viventi.
Perché il diritto prescrive. La Mafia no.
Resta la flebile speranza che chi leggerà queste righe possa intervenire per far sì che l’amministrazione della giustizia si occupi di una vittima.
Caricamento commenti
Commenta la notizia