
Il Tribunale di Catanzaro – Sezione Misure di Prevenzione ha rigettato la proposta avanzata dalla Procura Distrettuale Antimafia per l'applicazione della misura di prevenzione personale e patrimoniale nei confronti di Domenico Gallello, imprenditore coinvolto nell’ambito dell’inchiesta “Imponimento” (e difeso dall'avv. Massimiliano Carnovale del Foro di Lamezia Terme).
Gallello era stato inizialmente condannato per intestazione fittizia a favore di Rocco Anello, presunto boss dell’omonimo clan, e per una truffa aggravata ai danni del Comune di Sant’Onofrio. Entrambi i reati erano stati ritenuti aggravati dall’agevolazione mafiosa e avevano comportato la confisca della ditta "Gallello Domenico" e di altre società riconducibili all’imprenditore, attive nei settori dell’edilizia e dell’agricoltura.
Sin dal primo grado, tuttavia, Gallello era stato assolto dal reato di associazione mafiosa, in relazione alla presunta appartenenza alla cosiddetta consorteria Anello-Fruci. L'assoluzione è stata confermata in via definitiva dalla Corte d’Appello di Catanzaro, che ha anche riformato la sentenza di primo grado, assolvendo Gallello da tutti gli addebiti, compresi quelli relativi all’intestazione fittizia e alla truffa.
Nel frattempo, tra il primo grado e la pronuncia d’appello, la DDA aveva chiesto l’applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali. Ma il Tribunale – all’esito dell’istruttoria camerale – ha stabilito che non sussistono elementi ulteriori rispetto a quelli già esaminati in sede penale tali da provare una concreta funzionalità dell’operato dell’imprenditore agli interessi della criminalità organizzata.
Con decreto datato 29 maggio 2025, il Tribunale del Riesame ha così respinto la proposta della Procura, escludendo la sussistenza di quella “vicinanza funzionale” tra Gallello e la consorteria mafiosa, elemento cardine per l’applicazione delle misure di prevenzione.
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